Freya Klier. Quando cadde il Muro
In un volume di recente pubblicazione, la scrittrice e attivista tedesca raccoglie le voci di chi la Germania divisa l’ha vissuta sulla propria pelle.
Avevo 13 anni quando cadde il Muro di Berlino. Ricordo alla televisione le immagini delle persone che festeggiavano vicino alla Porta di Brandeburgo. Non capii il significato di ciò che vedevo ma dal silenzio e dalle lacrime di mio nonno – un omone germanico alto e biondo che nella DDRaveva un fratello – capii che a Berlino stava accadendo qualcosa di importante.
E voi dove eravate quella sera del 9 novembre? Freya Klier, regista teatrale e scrittrice, attivista per i diritti civili nella DDR, dissidente politica espulsa dalla Germania dell’Est nel 1988, rivolge questa domanda a 23 berlinesi dell’Est e dell’Ovest che hanno vissuto nella Germania del Muro. I racconti di ognuno sono raccolti nel libro uscito per l’editoreHerder in occasione dei 30 anni dalla caduta delMuro di Berlino.
Segnali premonitori
Freya Klier introduce tratteggiando i mesi che anticiparono la caduta del Muro, evidenziando i numerosi segnali della fine della DDR. Per esempio, la rivelazione da parte dei gruppi oppositori che le elezioni comunali del 7 maggio del 1989, come tutte le elezioni della DDR, erano manipolate. Da qui nascono le Montagsdemonstrationen, le dimostrazioni del lunedì. Freya Klier ricorda la dimostrazione pacifica più grande, quella del 9 ottobre a Lipsia: in città c’erano 70mila persone che non si lasciarono intimidire dalle numerose camionette della polizia riunite sul posto.
Sulla LeipzigerVolkszeitung un comandante delle truppe di combattimento aveva minacciato di troncare definitivamente le azioni controrivoluzionarie. Se necessario anche con le armi. Gli ospedali della città erano pronti con le sacche di sangue e i loro chirurghi. I dimostranti marciarono pacifici per la
città gridando «noi siamo il popolo». Unmese dopo, il 9 novembre 1989, grazie a queste dimostrazioni e alla disobbedienza civile, cambia il corso della storia.
Vite da spia
LaprimaaricordareèBirgitSiegmann, nata nel 1961 in un piccolo paese della Turingia vicino al confine tra GermaniaEst eGermaniaOvest. I suoi genitori erano conformi al sistema DDR, suo padre era un tecnico delle alte frequenze e spiava l’Occidente, la madre direttrice di scuola e membro del Sozialistische Einheitspartei Deutschlands (SED). Birgit Siegmann è cresciuta con la nonna parlando di storia e letteratura; «ci amavamo molto». Ricorda la gioia quando in paese arrivavano le banane e la negoziante si preoccupava di distribuirle equamente a ogni famiglia. Avrebbe voluto studiare storia e geografia, ma la SED ha deciso per lei ed è diventata insegnante di educazione civica; «tutto ciò che ci insegnavano era terribile e ipocrita, fedele allo Stato». Quando iniziò a lavorare – nel frattempo si era sposata e aveva una bimba piccola – per tutta la settimana le assegnarono la prima ora di lezione del mattino. Il suo paese distava 40 chilometri dalla scuola, l’autobus partiva alle sei e diecidelmattinonellapiazzetta del paese, l’asilo si trovava dalla parte opposta risalendo lamontagna e apriva alle sei. «Ogni giorno, poco prima delle sei, correvo in su con il passeggino e poi in giù per nonperdere il bus. E se le educatrici non erano puntuali dovevo abbandonare il passeggino davanti alla porta». Racconta anche cosa comportava essere insegnantenellaDDR: «Dovevamo andare a trovare gli studenti a casa e guardarci intorno: avevano forse un giornale dell’Ovest?». Spiare era parte del mestiere. Birgit Siegmann sentiva che quello che faceva non era giusto. Nel 1989 inizia a partecipare alledimostrazioni del lunedì. Il 4 novembre partecipa alla grande dimostrazione pacifica a Berlino Est.
Educare alla bugia
Il 9 novembre quando cade il muro è in cucina a fareuna torta. ARadioBayern dicono che è caduto il muro, pensa di non aver sentito bene, corre in sala ad accendere la TV, è tutto vero. All’indomani sua nonna le dice: «Ora i tuoi nipoti ti faranno le stesse domande che tu faceviame quando ti raccontavo del periodo del nazismo: perchÈ non avete fatto nulla? Sono stata complice nell’educazione alla menzogna, eravamo degli insegnanti ben pagati, privilegiati e abbiamo addestrato i nostri studenti». Nadja Klier, figlia dell’autrice, ricorda quei tremendi giorni del 1988 quando tutta la famiglia fuespulsadallaDDR. All’epoca aveva 14 anni. Racconta il dolore che ha provato nel leggere le migliaia di pagine di documenti che la Stasi aveva raccolto su di loro. Documenti che le rivelarono una terribile verità: Anna, la sua migliore amica, l’amica con la quale trascorse la sua ultima notte nella DDR, era una spia della Stasi: «Uno Stato che manipola così i bambini non ha diritto di esistere». Martin Klahn racconta la fondazione delmovimento civile a Schwerin, Burkhart Veigel il suo passato di Fluchthelfer, complice d’evasione. Dal 1961 al 1970 aiutò a scappare 650 cittadini da BerlinoEstaBerlinoOvest.
Evitare il collasso
Conclude il libro la testimonianza del professor Bernhard Vogel, ex politico e presidente della Fondazione Konrad Adenauer che il 9 novembre si trovava in Polonia con il cancelliere Helmut Kohl. Alla notizia della caduta delMuro, colui che sarà poi chiamato il padre della riunificazione tedesca, avvenuta il 3 ottobre 1990, interruppe immediatamente la sua visita di Stato e fece ritorno in patria.
Ed è proprio su quel giorno, il giorno della riunificazione che Bernhard Vogel pone l’accento: «Sono grato per aver potuto vivere questo momento» ricordando le grandi sfide che il processo ha poi comportato. «Sapevamo come trasformare il socialismo in capitalismo ma, come dovevamo fare per far sì che un’economia al collasso potesse tornare a essere competitiva?
Anche il sistema scolastico doveva essere riformato, c’erano frotte di insegnanti di russo, di marxismo e leninismo, mentre mancavano quelli di inglese. Senza parlare delle infrastrutture del Paese: nellaDDRdal 1940 non era stata più costruita un’autostrada». Oggi Bernhard Vogel si dice convinto che il processo di riunificazione sia riuscito e debba essere sentito comemotivo d’orgoglio per tutti i tedeschi. E in barba alle questioni spinose che oggi emergono nel Paese, come l’insoddisfazione di molti cittadini dell’ex Germania dell’Est che oggi votano il partito di estrema destra AfD, lancia un messaggio positivo: «Concentriamoci su ciò che ci è riuscito, non sui fallimenti, e continuiamo a migliorare».