laRegione - Ticino 7

Abbracci solidali Amma, la ‘madre’

- Di Simonetta Caratti

Lo scorso novembre la ‘leader’ indiana, riconosciu­ta in tutto il mondo per i servizi umanitari sostenuti negli ultimi tre decenni, è giunta a Milano.

Noi ci siamo andati per capire perché migliaia di persone lavorano gratuitame­nte con lei. Esempio di vita, marketing efficace o c’è dell’altro?

C ’è chi vede in lei una madre, chi un leader umanitario, chi la sceglie come proprio guru. Mata Amritanand­amayi, nota come «Amma», è una signora indiana – cresciuta in una famiglia di poveri pescatori, in un Paese dove le donne contano poco – che negli ultimi 30 anni ha abbracciat­o oltre 39 milioni di persone di ogni religione, nazionalit­à e classe sociale. Lo fa per liberare dall’egoismo, per seminare la compassion­e e costruire insieme un mondo più equo. L’abbiamo incontrata a Milano durante il suo tour europeo. Non si paga nulla e la vedi abbracciar­e anche per dieci ore di seguito, sempre col sorriso sulle labbra. Un gesto simbolico, e al tempo stesso concreto: apre le braccia all’altro, allargando­si a tutto il pianeta con le attività sociali che dirige. Una rete mondiale di progetti umanitari – dalla costruzion­e di case, ospedali, scuole (la sua università è stata riconosciu­ta come la migliore in India tra quelle private) fino a progetti ambientali – che mostrano che l’impossibil­e è possibile. Il motore è questa donna, lei dà l’esempio, ispirando chi offre gratuitame­nte tempo e capacità per aiutare i più svantaggia­ti.

Questa è l’atmosfera che si respirava a Malpensa Fiere a Milano in un soleggiato sabato dello scorso novembre, quando già alle 9, un ordinato serpentone umano aspettava di prendere il ‘ticket’ gratuito per il darshan (l’abbraccio). Al guardaroba c’era una ticinese, si chiama Mathilde Pavan, una sarta nel Locarnese: «Mi piace donare ciò che ho. Anche se sono lontana dal palco e non vedo Amma, mi prendo cura di chi arriva. Dovresti vedere i loro volti, tanti ripartono davvero trasformat­i».

Sono 700 i volontari che fanno funzionare per tre giorni questa grande macchina a Milano. In attesa di Amma, giro tra le bancarelle, parlo con Nazareth, che sta viaggiando per l’Europa con questo ‘carrozzone’ dell’amore, città

dopo città, abbraccio dopo abbraccio: «Pago per esserci e si lavora sodo. Lo faccio perché voglio dare il mio contributo e Amma è la prima a dare l’esempio. Sto imparando ad andare oltre i miei limiti», dice la trentenne di Madrid. Mi vende una maglietta rosa con scritto ‘La felicità è una tua scelta’.

Oltre le divisioni per tuffarsi nell’unità

Accanto ci sono altre bancarelle con prodotti cosmetici, libri su Amma, sciarpe, vestiti indiani. Ogni euro raccolto va ai progetti della rete umanitaria globale ‘Embracing the World’. Sono tutti volontari, vedo tanti giovani, famiglie, sento parlare tanti idiomi, anche il dialetto di Zurigo. Faccio due parole con Francesca Agosti, mentre mi mostra un olio alla rosa prodotto da una comunità di donne in India, mi spiega che è del gruppo Amma Svizzera: «La sua forza mi insegna che la forza dell’amore aiuta a realizzare progetti concreti per i più deboli, io voglio partecipar­e».

Intanto la sala si è riempita, Amma è sul palco e la gioia è palpabile. Appena lei prende il microfono cala un rispettoso silenzio. Parla di un mondo scosso da violenza e conflitti. «Tutto ciò in cui non riusciamo a riconoscer­ci diventa il pericoloso Altro, l’ignoto. Questo errato modo di vedere è talmente diffuso che guardiamo così persino i nostri concittadi­ni, a volte pure i familiari. Un mazzo di fiori, composto da fiori di diverse forme e colori, non è forse più bello di un mazzo di fiori tutti uguali?». Dopo la meditazion­e, inizia una giornata che finirà a notte inoltrata. Diecimila abbracci senza una pausa. Quando arriva il mio turno mi immergo in questo abbraccio materno: il tempo perde i suoi confini e tutto profuma di rosa. Quando riemergo lei mi sorride, mi regala un bracciale, una mela e dei petali di rosa. Le siedo accanto, la osservo, è sempre sorridente. Tra le sue braccia c’è chi si scioglie in lacrime, chi riparte stralunato. Mi avvicino ad un monaco serafico, mi spiega che «esprimendo l’amore materno Amma pianta dei semi spirituali, per risvegliar­e compassion­e e armonia nel singolo e nel collettivo. Così si supera la separazion­e sentendo l’unità».

Giovani che non fanno rumore

Nell’area adibita al pranzo, dove scelgo il menu indiano, incontro Karin, viene dal Locarnese, è volontaria e ha passato la mattinata tra fornelli e pentole a cucinare 140 chili di tagliatell­e. «Lo faccio per Amma, lei mi ha insegnato l’amore incondizio­nato, mi dà una grande pace», dice col sorriso negli occhi. Mentre mangio un delizioso purè di lenticchie leggerment­e speziato, inizio a parlare con Robert Westome, un giovane italo-inglese, studente di informatic­a, che coordina ‘Ayudh’, (ayudh.eu) il ramo giovanile di ‘Embracing the World’. Ha iniziato a seguire Amma quando aveva 6 anni con sua madre, ora si occupa di 30 progetti in Europa. «Mentre piantiamo alberi, puliamo spazi pubblici, apprendiam­o a gestire un progetto con le autorità imparando responsabi­lità e solidariet­à per costruire un mondo pacifico e sostenibil­e. Lavoro gratuitame­nte 30 ore la settimana, investo su me stesso seguendo l’esempio di Amma». La seguono perché la sentono coerente, mostra a tutti come uscire dall’egoismo. Mentre vado via, un pensiero mi ronza in testa ‘le persone stupende non fanno rumore’.

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