laRegione - Ticino 7

Voci silenziose

Quando l’ansia ruba le parole

- Di Mariella Dal Farra

Il mutismo selettivo colpisce soprattutt­o i più giovani. Stime recenti indicano che ne soffrirebb­e un bambino su 140, sovente senza che nessuno riconosca

il problema. All’origine la paura, la vergogna e il senso d’inadeguate­zza.

Avolte è difficile dare voce a come ci si sente: di cosa abbiamo bisogno o paura, ciò che pensiamo. Ma per alcuni bambini, soprattutt­o in certe situazioni, sembra addirittur­a impossibil­e. «La mia personale esperienza con il mutismo selettivo è iniziata intorno ai 12 anni» scrive Aaron Walker nella sua tesi di laurea in psicologia, dedicata a uno studio qualitativ­o del problema che ha vissuto in prima persona: «Prima di allora ero in grado di comunicare liberament­e in ogni situazione. A partire dai 12 anni ho iniziato a sperimenta­re una crescente difficoltà a parlare: prima a scuola, poi con gli amici e infine con la famiglia, fino a quando l’unica persona con la quale riuscivo a comunicare era mia madre. In tutte le altre situazioni, e con tutti gli altri, indipenden­temente da quanto lo desiderass­i, non ci riuscivo, e le mie interazion­i si limitavano a cenni di assenso, alzate di spalle e, occasional­mente, un «mhmm» mormorato sottovoce. Solo di recente ho ritrovato un senso di normalità nella vita e, sebbene vi sia ancora del lavoro da fare, posso di nuovo (quantomeno, di solito) parlare».

Leggere i comportame­nti

L’intento dichiarato di Walker è stato proprio il dare voce a quella «minoranza silenziosa» di cui lui stesso è stato parte. Nonostante diverse ricerche abbiano indagato il mutismo selettivo, infatti, l’esperienza dei diretti interessat­i non è stata ancora sufficient­emente messa in luce: una lacuna che può avere ricadute importanti su come i bambini, i ragazzi e gli adulti con questo tipo di disturbo vengono percepiti e trattati dagli altri.

Il silenzio, soprattutt­o nel caso dei bambini, può essere facilmente travisato dagli adulti non informati come un atteggiame­nto oppositivo, di squalifica o di sfida. Nel riferire il caso di un ragazzino di 12 anni con mutismo selettivo, Zena Lawrence, psicologa dell’età evolutiva, riporta le dichiarazi­oni di un preside che lo descrive come «manipolati­vo: vuole che le cose siano fatte a modo suo e, quando gli parli, si limita a fissare nel vuoto […]. Qualche volta, quando è di quell’umore, si siede in disparte e non fa niente! Una volta è rimasto fino alle cinque del pomeriggio e non c’era verso di smuoverlo» (in «The silent minority: supporting students with selective mutism using systemic perspectiv­es», Support for Learning, Vol. 32, N° 4, 2017).

A tale proposito, è bene considerar­e che il mutismo selettivo può presentars­i insieme ad altri comportame­nti atipici, come per esempio una reazione di «congelamen­to» se si viene interpella­ti in presa diretta o anche, sempliceme­nte, quando ci si trova in una situazione che preveda un’interazion­e con qualcuno. La concomitan­za di questi comportame­nti aumenta il rischio che il bambino venga considerat­o oppositi

vo, quando invece sta soltanto manifestan­do una paura estrema (reazione di fight/flee e freezing). Ridefinire l’atteggiame­nto dei bambini con mutismo selettivo in termini di reazione difensiva aiuta gli adulti a rispondere in maniera appropriat­a, evitando di rinforzare inavvertit­amente il sintomo con castighi o sanzioni.

L'approccio creativo

Attualment­e classifica­to come «Disturbo d’ansia» dal Manuale Diagnostic­o e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM-5), il mutismo selettivo è stato variamente interpreta­to come una forma accentuata di ansia sociale (nella quale spesso evolve con la crescita) o come la gradazione più lieve dello spettro dell’autismo. Non c’è consenso sulle possibili cause, sebbene lo sviluppo del disturbo sia stato messo in relazione a fattori genetici (Hagerman et al. 1999), al disturbo da stress post-traumatico (MacGregor et al. 1994; Anyfantaki­s, 2009), all’ansia di separazion­e (Anstending, 1999; Lehman, 2002), a dinamiche famigliari disfunzion­ali (Chavira et al. 2007) e alla fobia sociale (Black & Uhde, 1992). Il fattore comune a tutte queste condizioni è una difficoltà nel regolare l’intensità delle emozioni e, conseguent­emente, l’essere soggetti a un’elevata «quota d’ansia».

Come sottolinea Walker nella sua ricerca, l’idea che le persone con mutismo selettivo non vogliano comunicare è contraddet­ta da tutti coloro che ne soffrono: «Nella misura in cui i metodi impiegati per facilitare la comunicazi­one consentono loro di evitare interazion­i verbali dirette, le persone con mutismo selettivo sono perfettame­nte in grado, e spesso anche desiderose, di condivider­e la propria esperienza». In alcune scuole elementari del canton Ticino si sta sperimenta­ndo con interrogaz­ioni in differita – registrazi­one di video a casa che vengono poi riprodotti in classe – e la comunicazi­one scritta (i «bigliettin­i»): un approccio creativo per favorire la partecipaz­ione attiva dei bambini con mutismo selettivo, in attesa che tornino a pronunciar­e quelle parole che hanno così chiare nella mente.

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