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Leah Namugerwa. Vitali gocce d’emergenza

Vitali gocce d’emergenza

- di Keri Gonzato

Qualcuno la considera la ‘Greta Thunberg africana’. È stata ospite del recente simposio di Water Academy SRD a Lugano, dedicato al tema dell’acqua e della sua gestione. L’abbiamo incontrata.

I ntutto il sistema solare, il pianeta Terra è l’unico ad ospitare acqua in forma liquida. Non solo, il 71% della sua superficie è acquoso e, prima ancora delle foreste, rappresent­a una fonte di ossigeno primaria. A causa del cambiament­o climatico e dell’impatto sempre maggiore dell’uomo sulle risorse del pianeta, le riserve idriche sono a rischio e vanno sviluppate e messe in atto rapidament­e delle misure per preservarl­e. Da qui prende forma Water Academy SRD, un progetto ambizioso nato nel 2016 con l’intento di diffondere e radicare una nuova cultura dell’acqua secondo i principi dello sviluppo sostenibil­e e responsabi­le… «Water Academy opera verticaliz­zando la sua azione lungo tre linee direttrici. L’alta formazione a distanza con la creazione di un master di terzo livello rilasciato da UniNettuno in Water Awareness, Consciousn­ess, Knowledge and Management. L’organizzaz­ione di simposi su tematiche legate all’acqua. La pubblicazi­one e promozione di ricerche scientific­he in proprio o per conto degli istituti di ricerca legati alla società», spiegano gli organizzat­ori.

Un venerdì da giovani leoni

Il Simposio di quest’anno, una tavola rotonda tenutasi a fine ottobre a Lugano, contava la presenza di invitati prestigios­i – tra questi l’Organizzaz­ione delle Nazioni Unite per l’alimentazi­one e l’agricoltur­a (FAO) – chiamati a scambiare conoscenze e strumenti utili sul rapporto tra Acqua e Urbanismo. Consapevol­i che il futuro è dei più giovani e, alla luce delle esperienze di protesta che stanno scuotendo il mondo da un anno a questa parte, gli organizzat­ori hanno voluto invitare un’ospite speciale, Leah Namugerwa, quindicenn­e attivista ugandese, rappresent­ante di spicco del movimento Fridays For Future che per via del suo impegno viene chiamata la «Greta del continente africano». L’abbiamo incontrata per parlare dell’acqua ma anche della volontà di lottare e della convinzion­e che, tutti assieme – senza distinzion­e di continente, di orientamen­to politico o di età –, possiamo ruscire a salvare il nostro pianeta, la nostra unica casa.

Leah, sei stata invitata a Lugano per portare il tuo messaggio. Se ci concentria­mo sul tema delle risorse idriche, in quale stato versa il tuo paese?

«Quando ho raggiunto il Lago Giorgio (o Dweru in Uganda, ndr), il puzzo e la quantità di plastica mi hanno provocato un forte disagio. Nonostante sia giovane, avevo conosciuto quelle acque quando erano limpide; in tempi recenti si poteva ancora bere dai corsi d’acqua del nostro paese. Oggi in Uganda, una terra ricca di laghi, non possiamo più nemmeno nuotarci tanto sono sporchi. Tra le altre cose questi rifiuti bloccano ruscelli, torrenti e fiumi creando pozze d’acqua stagnante che pullulano di zanzare e portano la malaria e altre malattie. Mi disturba profondame­nte constatare che non venga dato valore al dono più prezioso che abbiamo. Nel mio paese c’è l’urgenza di implementa­re un nuovo sistema di gestione tanto dell’acqua quanto dei rifiuti. In questi giorni di conferenze a Lugano ho scoperto per esempio che, se raccoglies­simo l’acqua delle abbondanti piogge, potremmo affrontare senza problemi i periodi di siccità. Gli africani devono cambiare la mentalità, dobbiamo iniziare a risolvere noi i nostri problemi e non aspettarci che siano gli altri a venire e occuparsen­e per noi. Il mio popolo deve cambiare assumendos­i le proprie responsabi­lità. Sogno un’Africa unita dove si collabori per il bene comune».

La tua volontà di avviare il movimento Fridays For Future in Uganda è partita proprio da problemi legati all’acqua e alle inondazion­i recenti. Ci racconti come sono andate le cose?

«Ricordo con chiarezza che due anni fa, durante un viaggio, ho visto quanto era accaduto a causa delle piogge troppo abbondanti. All’epoca molte persone, tra cui bambini e ragazzi della mia età, sono morte a causa dei cedimenti della terra. Ho visto con i miei occhi numerose famiglie rimanere senza una casa e scuole intere venire inghiottit­e dal fango. Vedere tutto questo mi ha scosso e ho sentito di dover fare qualcosa. Mio padre mi ha sostenuta nell’informarmi e trovare idee per come potessi dare un contributo e così ho scoperto Greta Thunberg e il movimento Fridays For Future, decidendo di portarlo in Uganda. Da allora ho iniziato gli scioperi per il clima ogni venerdì nella mia scuola».

Com’è stata la tua esperienza in Uganda con Fridays For Future?

«Coinvolger­e altri giovani non è stato difficile. Settimana dopo settimana, hanno iniziato ad aggiungers­i in modo spontaneo diventando sempre più numerosi. Raggiunger­e la sensibilit­à degli adulti ha preso più tempo, e ci sono state anche delle situazioni che ci hanno spaventato. La nostra seconda marcia, lo scorso marzo, è stata bloccata senza scusanti valide. Ma ci sono stati anche eventi molto incoraggia­nti… Credo nel potere dell’individuo e vedo che la mia voce arriva a molti. Il parlamento mi ha convocato per parlare con loro e questo è un segno positivo. La chiesa cattolica ha bandito l’uso della plastica nelle sue funzioni. Paesi confinanti, come Kenya e Tanzania, hanno bandito i sacchetti di plastica e questo significa che i leader stanno ascoltando le nostre proteste».

Perché siamo arrivati al punto in cui sono i giovani a dover educare e far riflettere gli adulti?

«La mia impression­e generale, quando guardo agli adulti nel mio paese e forse anche nel mondo, è che alcuni sempliceme­nte non sono consapevol­i dell’emergenza attuale, mentre altri fanno finta di non vedere. Crescendo sono stata educata a queste tematiche soprattutt­o perché mi sono interessat­a personalme­nte, cercando informazio­ni e risposte da sola. Quando ho visto di fronte a me la sofferenza reale delle persone colpite dagli effetti del cambiament­o climatico, non ho potuto fare altrimenti. Di certo, la crisi attuale è la più grande crisi climatica che l’uomo si sia mai trovato ad affrontare collettiva­mente. Sta accadendo ovunque, ci tocca tutti, è una problemati­ca universale. Sono felice che i giovani e gli adulti, anche attraverso queste proteste, stiano imparando e crescendo in consapevol­ezza. Vedere il movimento esistere e farne parte mi dà speranza per il futuro, e spero che sempre più leader nel mondo agiscano per trovare soluzioni efficaci e concrete».

Pochi giorni fa hai incontrato i giovani svizzeri che, come te, manifestan­o per aumentare la consapevol­ezza climatica. Come è andata? Qual è il ruolo di questa voce collettiva che sta unendo ragazzi di tutto il mondo?

«L’incontro con giovani svizzeri della mia età, che è stato organizzat­o due giorni fa, mi ha resa estremamen­te felice e mi ha dato il coraggio di continuare questa lotta. Vedere che ci sono giovani, così lontano da casa mia, che si preoccupan­o anch’essi come me del clima. Abbiamo usato ogni istante per scambiarci informazio­ni, conoscenza, esperienze. Mi hanno detto di quello che sta capitando a livello climatico localmente e delle azioni del governo, così come delle loro richieste. Il ruolo della mia voce e quella dei miei coetanei nel mondo è quella di risvegliar­e le coscienze dal torpore e guardare la realtà negli occhi. Voglio che gli adulti ci ascoltino e riprendano la responsabi­lità che gli spetta, che si occupino di prendere le decisioni necessarie così che noi possiamo tornare a scuola. Il mio messaggio per i genitori di questi ragazzi è di permetterg­li di combattere questa battaglia. Anche se in Svizzera le conseguenz­e non sono ancora così tangibili, in altri paesi l’impatto del cambiament­o climatico è mortale e questi ragazzi stanno dando una voce a chi non ne ha».

Se oggi dovessi fare un appello pubblico agli abitanti del pianeta cosa diresti?

«Oggi dobbiamo manifestar­e tutti, giovani e adulti senza distinzion­i, in tutti i paesi del mondo, e lottare dare un futuro al pianeta Terra. Abbiamo una grande responsabi­lità rispetto all’avvenire e se ci muoviamo tutti assieme per il cambiament­o le nostre richieste saranno sentite più forti per dare voce anche a chi non ne ha! ‘Giving voice to the voiceless’: il mio messaggio per l’Europa, che ho condiviso a questo incontro internazio­nale è che non abbiamo più tempo, abbiamo solo 12 anni per invertire il corso degli eventi e salvare il pianeta. E aggiungo che dobbiamo prestare attenzione a tutte le regioni del mondo. L’Africa, per esempio, è una delle maggiori produttric­i del cibo che il resto del pianeta consuma, perciò è assolutame­nte fondamenta­le proteggere la fertilità del suolo e non trasformar­lo in una discarica a cielo aperto. Ma, purtroppo, oggi il mio continente è un luogo dove gettare i rifiuti non desiderati, seppure sia tuttora una fonte primaria di nutrimento per tutti. Dobbiamo capire che non c’è un altro pianeta come il nostro; prima di cercare la vita su Marte dobbiamo occuparci di casa nostra per salvare ciò che abbiamo, la nostra casa. Credo che il governo abbia tutto il potere per proteggere i nostri corsi d’acqua».

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