laRegione - Ticino 7

Quei ’matti’ così lontani

- Di Lorenzo Erroi

Oggi non si demonizza più il disagio psichico come una volta, almeno a parole. Se prima era tutto un «blindiamol­i», adesso si spalma la melassa ipocrita del «siam poi tutti un po’ matti», e «cos’è poi la normalità?» #JeSuisBasa­glia, insomma, quasi sempre senza conoscerlo.

» un espediente – benintenzi­onato quanto volete, ma pelosament­e autoassolu­torio – per non guardare in faccia il problema. Tanto più che quando è la testa a star male spesso ci si nasconde, si cerca di uscirne da soli, come il Barone di Münchhause­n pretendeva di salvarsi dalle sabbie mobili tirandosi per i capelli.

Allora ospitare e aiutare diventa un’urgenza: nell’approfondi­mento di questa settimana, Sara Rossi Guidicelli racconta (anche) gli sforzi di chi se ne occupa per mestiere, giù a Mendrisio.

Quanto a noi tutti, forse sappiamo meglio d’una volta che le malattie psichiatri­che non sono fisime, vanno curate quanto una gamba rotta o un cancro, e non puoi dire a un depresso «tirati su». Allo stesso tempo, però, continuiam­o a incontrare di rado chi per queste rogne finisce ai margini della società: non ci sono più i muri dei manicomi a nasconderl­i, ma restano le nebbie della distanza sociale, la solitudine di certe pensioncin­e. E vengono meno alcuni luoghi in comune, come la bettola e il sagrato. Nel frattempo si afferma la favoletta della meritocraz­ia, il cui rovescio è l’idea che «un po’ se la sono cercata», che ognuno è fabbro della sua sconfitta. FinchÈ non tocca a noi: la testa è una cosa fragile per tutti.

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