Non una, ma alcune
Si dice ‘Via della seta’ ma si dovrebbe parlare di ‘Vie della seta’ poiché di un insieme di percorsi si tratta, sia su terra, sia per acqua. Così era anche nel passato. Il nome Seidenstrasse è stato coniato nel 1877 dal barone tedesco Ferdinand von Richthofen (nell’immagine a sinistra) in un resoconto di viaggio; ma qualcuno fa riferimento invece a un diplomatico cinese del II secolo a.C. che avrebbe ufficializzato quella che era già un’importante via di comunicazione internazionale: le carovane viaggiavano da
Xi’An verso l’Asia centrale, poi in direzione della Mesopotamia (Teheran, Baghdad) e delle coste del Mediterraneo, attraversando imperi e regni tra i più potenti al mondo fin dall’Età del bronzo (III-II Millennio a.C.), recentemente emersi alla storia grazie agli scavi avviati il secolo scorso da archeologi sovietici in Uzbekistan, Afghanistan, Turkmenistan e Tagikistan, dove vivevano popoli (i Mongoli, gli Sciti e altri) e culture che non avevano nulla da invidiare alle potenze della Mesopotamia, alla Grecia micenea, all’Anatolia degli Ittiti, all’Egitto faraonico e alla stessa Cina imperiale. Verso il Celeste impero le carovane trasportavano oro, vetro, pietre preziose e avorio; in senso opposto, ceramica, pellicce, giada, bronzo, profumi, spezie e naturalmente la preziosissima seta. Il processo di produzione pare vecchio di 6’000 anni secondo recentissime scoperte archeologiche, ed era un segreto custodito gelosamente fino al VI secolo, quando alcuni monaci portarono le uova in Occidente per avviare il processo di produzione.
Con le merci viaggiavano gli uomini e le idee lungo una via che era un crogiuolo di fedi tra Buddhismo, Islam, Cristianesimo e Manicheismo.