Il dolore? Meglio controllato che sconfitto
Lorenzo Alberio, ematologo
“Sul versante sociale, c’è stato un tempo in cui il dolore era visto in modo catartico; oggi invece fa paura e lo si vuole evitare con tutti i mezzi possibili. A livello individuale sono sorpreso di vedere come la soglia del dolore varia da persona a persona”. Esordisce così il prof. Lorenzo Alberio, 56 anni, luganese, oggi primario di Ematologia generale ed emostasi al Centre Hospitalier Universitaire Vaudois e docente universitario sempre a Losanna.
“Ognuno – continua l’ematologo – ha un rapporto che è unico con il dolore. Una categoria di persone che tratto sono gli emofiliaci; i più anziani non hanno avuto a disposizione una terapia preventiva come i giovani d’oggi e quindi hanno malformazioni articolari dolorose che sopportano in modo stoico senza lamentarsi ed è impressionante. Altri, al primo accenno di dolore si annunciano per debellarlo. Le generazioni che ci hanno preceduto, forse anche per l’assenza delle moderne terapie, erano più tenaci, più allenate alla sopportazione…”. Domanda d’obbligo: si può affermare che il dolore è stato sconfitto? Qui Lorenzo Alberio preferisce parlare di dolore “controllato” piuttosto che “sconfitto”. E spiega: “Sia fisico che psicologico, il dolore non è solo negatività. Intanto ci rende attenti a un pericolo. Se non percepissimo il dolore attizzando il fuoco, ne saremmo ustionati. Sul piano psicologico poi, è un campanello d’allarme che consente di riconoscere una situazione di disagio personale e reagire per tempo. La medicina oggi ci permette di tenere a bada il dolore. Occorre trovare il giusto equilibrio tra l’utilità delle cure antalgiche, evitando una dipendenza. L’obiettivo è quello di togliere l’angoscia soprattutto nelle cure palliative con i malati terminali. La medicina oggi è capace di rispondere a questo problema. Credo di poter affermare che sia possibile vivere degnamente e lucidamente anche la fase di vita finale in presenza di un tumore metastatizzante”.