Il monte di San Michele
Un’apparizione improvvisa che si scorge da lontano comeunmiraggio arrivando dalla pianura per dirigersi ersoil Golfodi Saint-Malo, in Normandia:è un’isola,‘una piramide sulmare’ come la definì Victor
Hugo, oppure una collina sulla quale le cost uzioni si ammucchiano l’una sull’altra, per culminare in una clamorosa abbazia che le domina tutte? NelMedioevo la chiamavano la ‘Gerusalemmeceleste sulla Terra’, la materializzazione stessa delParadiso. Al primo colpo d’occhio, mi ha ricordato La Torre di Babele di Pieter Bruegel, tanto per restare in tema; e nell’epoca delturismo di massa lo è diventata davvero. Un’impressione profonda coglie il viaggiatore cheritrova sì un’immagine stranota, ma comunque affascinante quando èfiltrata dal proprio sguardo. Viene la voglia di affrettare il passo per vedere da vicino quella meraviglia creatadall’uomo edallanatura, penetrarla econquistarne la cima.
Tra ma e e terraferma
Mont Saint-Michel - probabilmente il comune più piccolo di Francia con una trentina di abitanti - è soprattutto noto per il fenomeno delle maree che lo trasformano talvolta in un’isola: quindicinalmente l’alta marea, in quattro ore e mezza circa, avanza di parecchi chilometri, invade la terraferma e circonda il Monte, raggiungibile così solo con una lunga passerella posata recentemente per evitare episodi - che i locali raccontano divertiti - di turisti che la mattina posteggiavano la macchina sulla sabbia per poi ritrovarla sommersa quando volevano ripartire!
Ora tutto è cambiato. Il sito è uno dei più visitati dell’Esagono per cui alcuni notabili della regione si sono messi in società, acquisendo dapprima i terreni circostanti per adibirli a parcheggi di automobili, camper e bus; poi creando infrastrutture di conforto e di trasporto mediante navette che ti portano fino ai piedi della rupe. Un business che nulla toglie però all’emozione che prende quando si è a tu per tu con il Mont Saint-Michel, Patrimonio Unesco dell’umanità dal 1979. Chi vuole gustare fino in fondo l’avvicinamento, può comunque percorrere gli ultimi chilometri a piedi in un paesaggio suggestivo, a mezza strada tra mare e terraferma, nel quale si respira, in splendida solitudine, tutta la spiritualità e la storia legate al luogo.
Arrivati, si entra e si comincia a salire dentro il cuore del borgo antico, seguendo stradine ricche oggi di negozietti e ristoranti con terrazze che affacciano sulla pianura; ci sono perfino piccole pensioni dove si può passare la notte. Oppure si può prendere il camminamento che segue l’andamento delle mura che difendevano l’abitato, dalle quali si scorge il mondo circostante fino all’orizzonte. Se si ha la fortuna di visitare il sito un po’ fuori stagione, l’esperienza diventa addirittura spettacolosa e i disagi dovuti alla fatica dell’arrampicata sono minimi.
Storia e archeologia
La storia del Mont Saint-Michel comincia nel 708 quando il vescovo di Avranches fa costruire su quello che si chiamava Mont Tomb, prima che Carlomagno lo ribattezzasse, una prima abbazia dedicata a San Michele, l’arcangelo che nel Libro dell’Apocalisse sconfigge il demonio sotto forma di drago. Il Monte divenne subito un luogo di pellegrinaggio, gestito a partire dal X secolo dai benedettini, che contribuirono allo sviluppo del centro abitato divenuto inespugnabile grazie alla creazione di bastioni e fortificazioni; simbolo dell’identità nazionale francese dopo che le truppe inglesi, durante la Guerra dei Cent’anni, furono respinti davanti alle mura del borgo. Nel corso degli ultimi secoli il luogo è stato oggetto di indagini che hanno portato, ancora recentemente, a scoperte archeologiche importanti, documentate in uno splendido filmato proposto anche nella rubrica “Il giardino di Albert” (lo si può rivedere cercando sul sito della RSI).
Nel cuore del numento
Il culmine della visita è naturalmente l’abbazia, un monumento originale costruito attorno al cocuzzolo roccioso del monte, con una pianta completamente diversa da quella usata per altri monasteri: “Gli architetti medievali - si legge nella guida ufficiale del sito - l’hanno avvolta attorno alla rupe granitica, poggiando la chiesa abbaziale su cripte che creano una piattaforma lunga ottanta metri, in grado di reggere il peso immane della stessa”. Un gioiello architettonico diviso in due edifici a tre piani che si sostengono a vicenda grazie a un complesso gioco di colonne, pilastri e contrafforti, sempre più leggeri a mano a mano che si sale verso l’alto.
Si entra passando dalla Sala delle guardie. Lo spazio interno tiene conto della regola monastica benedettina che impone preghiera e lavoro, creando quindi luoghi appartati dedicati alla vita di clausura ed altri aperti alle attività quotidiane, tra le quali erano famose quelle legate allo studio e alla stesura di manoscritti, ora conservati ad Avranches. Gli abati, veri signorotti locali, avevano i loro alloggi separati da quelli dei monaci e c’erano stanze per i visitatori esterni, nobili e monarchi in visita, sistemati a pianterreno e al primo piano. Si passa poi attraverso il Refettorio comune arricchito da un enorme camino, dove si consumavano i pasti in silenzio mentre un monaco leggeva testi edificanti. In una sala adiacente si vede ancora la grande ruota di legno del montavivande a corda che riforniva la comunità di tutto il necessario; e la relativa cucina. Uno stretto passaggio permette di accedere a un ossario che raccoglie le spoglie dei fratelli defunti, che qualcuno mi ha detto - ma ci credo poco - venivano normalmente scaraventate in un fosso. Forse sarà successo in tempi di pestilenze, di carestie o di guerre?
Si sbuca infine sulla Terrazza ad ovest, antistante alla facciata moderna della chiesa ricostruita dopo un incendio nel 1780, da dove lo sguardo passa dalle spiagge e baie della Normandia alla scogliera bretone di Cancale, dall’arcipelago delle Isole Chausey da dove proviene il granito per gli edifici di Mont Saint-Michel, all’isolotto di Tombelaine e al mare immenso... se siete capitati in una bella giornata di sole e vento. La chiesa abbaziale era nata nei primi decenni dell’anno Mille; l’interno che vediamo oggi è dovuto invece a importanti interventi succedutisi tra ’400 e ’500 in stile gotico fiammeggiante; sui muri si vedono scolpite le conchiglie simbolo di San Giacomo e del Cammino verso Compostela. Un gioiello a parte è rappresentato dal piccolo chiostro interno, di un’eleganza straordinaria con le sue file di colonnine scolpite, leggermente sfasate in modo da creare prospettive ogni volta diverse. Fosse possibile restarci un momento in santa pace, si potrebbe ritrovare anche il sapore della storia secolare che lo ha visto attraversato da ogni genere di persone, forse non tutte meritevoli di andare in Paradiso; come lo sono del resto quelle che lo frequantano oggi en touriste. Ma tant’è.