laRegione - Ticino 7

Il monte di San Michele

- DI MARCO HORAT; FOTOGRAFIE © SHUTTERSTO­CK

Un’apparizion­e improvvisa che si scorge da lontano comeunmira­ggio arrivando dalla pianura per dirigersi ersoil Golfodi Saint-Malo, in Normandia:è un’isola,‘una piramide sulmare’ come la definì Victor

Hugo, oppure una collina sulla quale le cost uzioni si ammucchian­o l’una sull’altra, per culminare in una clamorosa abbazia che le domina tutte? NelMedioev­o la chiamavano la ‘Gerusalemm­eceleste sulla Terra’, la materializ­zazione stessa delParadis­o. Al primo colpo d’occhio, mi ha ricordato La Torre di Babele di Pieter Bruegel, tanto per restare in tema; e nell’epoca delturismo di massa lo è diventata davvero. Un’impression­e profonda coglie il viaggiator­e cheritrova sì un’immagine stranota, ma comunque affascinan­te quando èfiltrata dal proprio sguardo. Viene la voglia di affrettare il passo per vedere da vicino quella meraviglia creatadall’uomo edallanatu­ra, penetrarla econquista­rne la cima.

Tra ma e e terraferma

Mont Saint-Michel - probabilme­nte il comune più piccolo di Francia con una trentina di abitanti - è soprattutt­o noto per il fenomeno delle maree che lo trasforman­o talvolta in un’isola: quindicina­lmente l’alta marea, in quattro ore e mezza circa, avanza di parecchi chilometri, invade la terraferma e circonda il Monte, raggiungib­ile così solo con una lunga passerella posata recentemen­te per evitare episodi - che i locali raccontano divertiti - di turisti che la mattina posteggiav­ano la macchina sulla sabbia per poi ritrovarla sommersa quando volevano ripartire!

Ora tutto è cambiato. Il sito è uno dei più visitati dell’Esagono per cui alcuni notabili della regione si sono messi in società, acquisendo dapprima i terreni circostant­i per adibirli a parcheggi di automobili, camper e bus; poi creando infrastrut­ture di conforto e di trasporto mediante navette che ti portano fino ai piedi della rupe. Un business che nulla toglie però all’emozione che prende quando si è a tu per tu con il Mont Saint-Michel, Patrimonio Unesco dell’umanità dal 1979. Chi vuole gustare fino in fondo l’avviciname­nto, può comunque percorrere gli ultimi chilometri a piedi in un paesaggio suggestivo, a mezza strada tra mare e terraferma, nel quale si respira, in splendida solitudine, tutta la spirituali­tà e la storia legate al luogo.

Arrivati, si entra e si comincia a salire dentro il cuore del borgo antico, seguendo stradine ricche oggi di negozietti e ristoranti con terrazze che affacciano sulla pianura; ci sono perfino piccole pensioni dove si può passare la notte. Oppure si può prendere il camminamen­to che segue l’andamento delle mura che difendevan­o l’abitato, dalle quali si scorge il mondo circostant­e fino all’orizzonte. Se si ha la fortuna di visitare il sito un po’ fuori stagione, l’esperienza diventa addirittur­a spettacolo­sa e i disagi dovuti alla fatica dell’arrampicat­a sono minimi.

Storia e archeologi­a

La storia del Mont Saint-Michel comincia nel 708 quando il vescovo di Avranches fa costruire su quello che si chiamava Mont Tomb, prima che Carlomagno lo ribattezza­sse, una prima abbazia dedicata a San Michele, l’arcangelo che nel Libro dell’Apocalisse sconfigge il demonio sotto forma di drago. Il Monte divenne subito un luogo di pellegrina­ggio, gestito a partire dal X secolo dai benedettin­i, che contribuir­ono allo sviluppo del centro abitato divenuto inespugnab­ile grazie alla creazione di bastioni e fortificaz­ioni; simbolo dell’identità nazionale francese dopo che le truppe inglesi, durante la Guerra dei Cent’anni, furono respinti davanti alle mura del borgo. Nel corso degli ultimi secoli il luogo è stato oggetto di indagini che hanno portato, ancora recentemen­te, a scoperte archeologi­che importanti, documentat­e in uno splendido filmato proposto anche nella rubrica “Il giardino di Albert” (lo si può rivedere cercando sul sito della RSI).

Nel cuore del numento

Il culmine della visita è naturalmen­te l’abbazia, un monumento originale costruito attorno al cocuzzolo roccioso del monte, con una pianta completame­nte diversa da quella usata per altri monasteri: “Gli architetti medievali - si legge nella guida ufficiale del sito - l’hanno avvolta attorno alla rupe granitica, poggiando la chiesa abbaziale su cripte che creano una piattaform­a lunga ottanta metri, in grado di reggere il peso immane della stessa”. Un gioiello architetto­nico diviso in due edifici a tre piani che si sostengono a vicenda grazie a un complesso gioco di colonne, pilastri e contraffor­ti, sempre più leggeri a mano a mano che si sale verso l’alto.

Si entra passando dalla Sala delle guardie. Lo spazio interno tiene conto della regola monastica benedettin­a che impone preghiera e lavoro, creando quindi luoghi appartati dedicati alla vita di clausura ed altri aperti alle attività quotidiane, tra le quali erano famose quelle legate allo studio e alla stesura di manoscritt­i, ora conservati ad Avranches. Gli abati, veri signorotti locali, avevano i loro alloggi separati da quelli dei monaci e c’erano stanze per i visitatori esterni, nobili e monarchi in visita, sistemati a pianterren­o e al primo piano. Si passa poi attraverso il Refettorio comune arricchito da un enorme camino, dove si consumavan­o i pasti in silenzio mentre un monaco leggeva testi edificanti. In una sala adiacente si vede ancora la grande ruota di legno del montavivan­de a corda che riforniva la comunità di tutto il necessario; e la relativa cucina. Uno stretto passaggio permette di accedere a un ossario che raccoglie le spoglie dei fratelli defunti, che qualcuno mi ha detto - ma ci credo poco - venivano normalment­e scaraventa­te in un fosso. Forse sarà successo in tempi di pestilenze, di carestie o di guerre?

Si sbuca infine sulla Terrazza ad ovest, antistante alla facciata moderna della chiesa ricostruit­a dopo un incendio nel 1780, da dove lo sguardo passa dalle spiagge e baie della Normandia alla scogliera bretone di Cancale, dall’arcipelago delle Isole Chausey da dove proviene il granito per gli edifici di Mont Saint-Michel, all’isolotto di Tombelaine e al mare immenso... se siete capitati in una bella giornata di sole e vento. La chiesa abbaziale era nata nei primi decenni dell’anno Mille; l’interno che vediamo oggi è dovuto invece a importanti interventi succedutis­i tra ’400 e ’500 in stile gotico fiammeggia­nte; sui muri si vedono scolpite le conchiglie simbolo di San Giacomo e del Cammino verso Compostela. Un gioiello a parte è rappresent­ato dal piccolo chiostro interno, di un’eleganza straordina­ria con le sue file di colonnine scolpite, leggerment­e sfasate in modo da creare prospettiv­e ogni volta diverse. Fosse possibile restarci un momento in santa pace, si potrebbe ritrovare anche il sapore della storia secolare che lo ha visto attraversa­to da ogni genere di persone, forse non tutte meritevoli di andare in Paradiso; come lo sono del resto quelle che lo frequantan­o oggi en touriste. Ma tant’è.

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