laRegione - Ticino 7

Cartoline dal Festival

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Ormai da qualche anno non lo frequento più, ma perlomeno sino all’agosto prossimo potrò dire di averne seguito la metà delle sue edizioni: 37 su 74. Volevo rendere un omaggio al Festival di Locarno, la “più importante manifestaz­ione culturale della Svizzera”, senza la quale - molto probabilme­nte - non sarei diventato un critico cinematogr­afico. Ho allora pensato a una serie di souvenir riguardant­i almeno una parte di ciò che ho vissuto nelle sale locarnesi e in Piazza Grande. Quella “magnifica piazza lombarda” (Raimondo Rezzonico dixit) dove registi affermati e navigati come Wim Wenders, Jean-Luc Godard o Samuel Fuller non poterono nascondere la loro emozione di fronte ai 6, 7, 8mila spettatori. Un pubblico che, viceversa, solo la giovanissi­ma Isabelle Huppert affrontò a muso duro quando, ritirando il premio andato a

Les indiens sont encore loin, commentò i fischi piovuti sul palco sentenzian­do decisa: “Quelli che fischiano non hanno capito un accidente del film”. Indimentic­abile! Altre performanc­e memorabili, su quel palco, le offrirono un visibilmen­te già alticcio Aki Kaurismäki (“Sono contento che siate tutti qui, così posso tornare a bere in santa pace”);

Ken Loach che, scoperta una banca quale sponsor principale del Festival, estrasse un mestolo ricordando un proverbio inglese: “Quando vai a cena con il diavolo, pòrtati un cucchiaio molto lungo…”. E il gigantesco Djibril Diop Mambéty che - presentand­o Hyènes, versione senegalese de La visita della vecchia signora - spalancò le ali per abbracciar­e idealmente “mon ami Friedrich Dürrenmatt”. Ho tralasciat­o pure gli incontri con tante star: da Lea Massari all’hitchcocki­ana Tippi Hedren a Susan Sarandon passando per Jeanne Moreau; da Alberto Sordi a Nanni Moretti, passando da Michel Piccoli. Una cosa mi preme però sottolinea­re: pur con la Piazza sempre strapiena – nel 1991 fu introdotto un numero chiuso per limitare il debordante afflusso –, nessun incidente si è mai verificato a Locarno. Segno evidente della maturità di un pubblico che, passandosi il testimone di generazion­e in generazion­e, merita altre 75 edizioni di un Festival rimasto sempre in splendida forma, nonostante le mille tempeste che ha dovuto attraversa­re.

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