Alla ricerca di Piero
Tappa 3 La terza tappa del “Medioevo in bicicletta” ci conduce da Perugia ad Arezzo, tra i riflessi argentei del Trasimeno, le meraviglie di Cortona, il lungo sentiero ciclabile della Bonifica.
AF Salutiamo Perugia con Assisi ancora nel cuore e nella mente. La visita alla città di Chiara e Francesco ha lasciato una lunga coda di discussioni ed interrogativi: ad esempio Santa Chiara era davvero vergine? Non è gossip né blasfemia, solo un tentativo di capire quanto i testi sacri possano essere affidabili e imparziali. Intanto questa accesa discussione ci distrae e ci folgora. Imboccando una ciclabile sconnessa in località San Mariano, Roberto fora. Cambio veloce di camera d’aria e via subito verso il bellissimo lago Trasimeno, quello di Annibale e della celebre Seconda guerra punica. Allora venne sonoramente punito l’esercito romano. Anche la nostra punizione però non è finita. Risaliamo in sella e la camera d’aria fa di nuovo le bizze. Non è stata montata bene e sta scoppiando. È una maledizione, penso. Non dovevamo pensar male e dubitare della verginità di Santa Chiara, conclamata con forza dalle sue consorelle al processo di canonizzazione (“fu quasi angelica nella sua fanciullezza e rimase sempre vergine”).
Come faremo ad arrivare ad Arezzo? Un passante ci indica un negozio di biciclette nelle vicinanze: Cicli Testi, dove ci accolgono con straordinaria gentilezza e rapidità: 10 euro per riparazione e nuova camera d’aria, dunque siamo salvi. Anzi, poco dopo San Mariano eccoci in un paradiso delle bici, sulla ciclovia “Perugia-Trasimeno”. Per una trentina di chilometri ci conduce in un paesaggio verde tra i monti e i vigneti del Trasimeno fino al lago, il quarto più grande d’Italia che divide Umbria da Toscana. Qualche sterrato e qualche salitella come verso Magione poi il lago si rivela all’improvviso quando ormai praticamente siamo sulle sue sponde. Dopo Passignano costeggiamo il Trasimeno per 6 km su una ciclabile sterrata, seguita da una strada asfaltata inasprita da saliscendi anche al 10% in mezzo agli ulivi. A questo punto sarebbe stato saggio dirigersi verso il Sentiero della Bonifica, proveniente dal lago di Chiusi, una ciclabile ricavata sull’argine del Canale Maestro. La nostra missione però è visitare i luoghi simbolo del Medioevo. Non potevamo ignorare Cortona, una delle più pittoresche cittadine toscane. Una scelta che ci costringe a pedalare sulla trafficata provinciale del Trasimeno fino ai piedi dell’erta che porta a Cortona dopo 5 km di ascesa. Eccola che ci appare da lontano su un’altura: la si vede bene tutta, non nascosta dalla sua imponente cinta muraria, ma disposta a ventaglio su piani successivi e regolari che scaliamo lentamente tra ulivi, pini e cipressi. Davanti alla porta della città, una ex docente liceale, ci spiega che su 100 turisti che arrivano a Cortona, almeno 60 provengono dai più disparati Paesi del mondo e molti di questi da città dal passato storico ora cancellato dalla modernità. “Proprio come noi che veniamo da Lugano” dico alla gentile signora prima di avventurarci sui lastroni che pavimentano il centro storico. Infatti a Cortona il rapporto si rovescia, è il nuovo che deve sottostare all’antico. Mancano 34 km ad Arezzo. Scesi da Cortona, ci dirigiamo verso il Sentiero della Bonifica: sembra fatto apposta per le biciclette.
RA Avevamo lasciato Assisi con il pensiero rivolto al Calendimaggio, con le celebrazioni che ci ricordano la rinascita primaverile. Approdiamo ad Arezzo proprio nel giorno del grande corteo medievale che segna il Capodanno dell’Annunciazione. L’inizio della primavera qui si celebra in realtà il 25 marzo, il giorno in cui l’Arcangelo Gabriele avrebbe annunciato alla Madonna la futura nascita del Redentore. Di fatto, e fino al XVIII secolo, l’anno civile in Toscana iniziava proprio quel giorno. Fu un decreto emanato nel 1749 dal Granduca Ferdinando III di Lorena a uniformare l’inizio dell’anno toscano con quello del resto d’Europa stabilito nel 1582 da papa Gregorio XIII. Arezzo è la città natale del Petrarca, ma anche di Guido d’Arezzo (il monaco che ideò a cavallo dell’anno Mille le moderne note musicali), del Vasari o di Pietro Aretino, il poeta noto soprattutto per i suoi Sonetti lussuriosi. Ma per noi questa è soprattutto la città di Piero. Certo, il grande pittore quattrocentesco Piero della Francesca nacque e morì a Borgo Sansepolcro, ma ad Arezzo è conservato lo straordinario ciclo di affreschi della Storie della Vera Croce, ispirati in particolare al bestseller medievale La legenda aurea, il libro agiografico dei santi scritto a fine ’200 dal vescovo di Genova Jacopo da Varazze. Poco dopo aver lasciato le borse in albergo, ci fiondiamo in centro città nella trecentesca basilica romanica di San Francesco nella cui Cappella Bacci si possono ammirare a piccoli gruppi gli straordinari affreschi che narrano su tre livelli, da sinistra a destra e dall’alto in basso, la storia leggendaria della croce di Cristo. L’ordine è solo in parte cronologico, ciò che rende gli affreschi ancor più moderni. Si inizia in sostanza dalla conclusione: l’imperatore romano d’Oriente Eraclio riporta la croce a Gerusalemme. Siamo nel VII secolo. Da lì una serie di flashback e flashforward! Set, figlio di Adamo ed Eva, mette in bocca al padre appena morto il germoglio dell’albero della conoscenza da cui sarà poi ottenuto il legno della croce di Cristo. Lo spettacolare finale rappresenta la celebre battaglia di Milvio al termine della quale Costantino, dopo aver sconfitto Massenzio, mostra la croce del Cristo ai suoi nemici. La cappella è piccola, si entra a gruppi ridotti e si deve sloggiare abbastanza in fretta. Eppure bastano anche pochi minuti per percepire l’eccezionale cifra di Piero, la plasticità, il gioco di prospettive e quella caratteristica tutta sua, segnalata dallo storico dell’arte Bernard Berenson: nelle opere di Piero emerge sempre qualcosa di impenetrabile, quasi che i personaggi non vogliano esprimere sentimenti. Una sorta di profonda metafisica dell’assenza o dell’indifferenza… Ad Arezzo Piero e la sua “arte non eloquente” lo troviamo pure con la sua Maria Maddalena nel Duomo di San Donato, la cattedrale gotica che sovrasta la città voluta da Guglielmo degli Ubertini, vescovo e condottiero a cui è legato uno dei momenti chiave della storia della città: la battaglia di Campaldino, la sconfitta nel 1289 dei Ghibellini aretini ad opera dei Guelfi fiorentini (nelle cui file troviamo un certo Dante Alighieri). Per una pausa rilassante, in testa alla short list scegliamo la trapezoidale Piazza Grande, dove si evidenziano le diverse evoluzioni architettoniche: romanico, gotico, rinascimentale e barocco. Anche l’incastonatura di stili di epoche diverse ha il suo fascino; tuttavia il Medioevo vince indubbiamente la gara di popolarità: due volte all’anno le torri e le diverse facciate vengono addobbate con scudi che portano i diversi stemmi araldici. L’occasione è quella della Giostra del Saracino, la più importante rievocazione storica della città: consiste in un torneo cavalleresco nel quale si deve colpire con la lancia un automa che impersona, come si può facilmente dedurre dal nome, il grande nemico dell’Europa cristiana medievale.