La forma della semplicità
Nato nel 1988 a Sorengo, Federico Rella è cresciuto a Vezio, nell’Alto Malcantone, in Svizzera. Ha lavorato per due anni nello studio di architettura Guidotti Architetti a Monte Carasso. È architetto e designer di mobili, nonché cofondatore della piccola realtà di slow design Castagno18 da cui è nato anche un libro, un elogio alla preziosa pianta. Attualmente lavora come indipendente a Vezio. I suoi progetti sono caratterizzati dall’impiego di materiali locali e dalla collaborazione con artigiani ticinesi.
Federico Rella è un architetto autodidatta, ama la libertà del vento e della bicicletta, i viaggi senza programmi o tappe. È tra i cinque finalisti dei prestigiosi Swiss Art Awards 2024, il riconoscimento artistico più antico al mondo, nella sezione architettura. Crede nel valore della semplicità piuttosto che negli eccessi. La sua casa lo rappresenta, si tratta di un’antica stalla nel nucleo di Vezio, rivisitata con estrema attenzione ai dettagli e… respira. Legno, roccia e cemento completano una struttura armoniosa, dal design pulito e funzionale, dove passato e presente si compenetrano. “Ho sempre trovato affascinante l’autocostruzione e la corretta sottrazione degli elementi superflui dalle cose. Nel limite del possibile cerco di riportare questi concetti anche nella progettazione”.
La natura a portata di mano
Dopo un periodo di vita nel centro di Lugano, dove ha confermato che la città non è il suo habitat, è tornato alle origini. “Il rapporto con la realtà del Malcantone è importante non tanto per una questione nostalgica, ma piuttosto per una questione pratica”. Per il suo approccio al lavoro è importante avere la natura fuori casa e le risorse che gli servono per lavorare a portata di mano, che esse siano artigiani o materiali. Le sue settimane lavorative non sono mai uguali. “Non ho una giornata tipica, magari un giorno lo trascorro a progettare, un giorno in falegnameria a fare mobili, un altro a saldare qualche struttura per i mobili o per i cantieri, o quando devo sfogarmi a fare il manovale per un amico che ha un’impresa”.
Rifugi
Il posto dove trova rifugio e ispirazione è la natura. Tra i suoi luoghi speciali c’è il Passo Gana Negra, un paesaggio surreale, quasi magico, dove grossi macigni scuri spiccano sul verde fiorito dei prati. Un altro posto dove trova quiete è la lettura, due libri gli stanno particolarmente a cuore… ‘La panne’ di Dürrenmatt, un’opera che esprime la ricerca di una giustizia autentica, non formale e codificata, perché ha la libertà di arrivare alla verità più vera e umana, e di arrivarci persino in allegria, per quanto drammatica tale verità possa rivelarsi. L’altro libro amato è ‘Botanica’ di Stefano Mancuso. Un accesso al mondo intelligente e complesso delle piante, che respirano, comunicano tra loro e con l’ambiente, memorizzano, provano emozioni e ci propongono modelli innovativi per le nostre relazioni sociali e per i nostri modelli organizzativi.
Motore
Nell’ecosistema di Federico Rella le relazioni e le collaborazioni sono importanti. “Le relazioni con gli artigiani sono il motore che mi spinge a fare questo lavoro in quanto si condividono determinati valori”. Il progetto Castagno18 ha svolto un ruolo importante nel suo percorso lavorativo. “La collaborazione con due ormai amici, che stimo particolarmente anche a livello lavorativo, ha giocato un ruolo fondamentale grazie al continuo confrontarsi sulle varie tematiche”, racconta, “il libro Castagno18 ci ha portati a intervistare i vari attori legati a questo magnifico albero: sentirsi raccontare per ore preziosi aneddoti e testimonianze è stato qualcosa di impagabile”.
Una sfida continua
Sua madre ha contribuito ad avvicinarlo alla natura. “È un’artista che, oltre a dipingere, genera preziosi prodotti da ciò che ogni stagione offre. Trovo sia riduttivo ritenere che creare prodotti con le proprie mani, partendo dai frutti della natura, sia un plusvalore, ritengo che bisognerebbe avvicinarsi a questa filosofia quando possibile e in qualsiasi luogo”. L’architettura invece è un’eredità paterna. “Sono cresciuto con un papà architetto che, nonostante mi dicesse di non fare questo lavoro, mi ha sempre mostrato molti capolavori d’architettura e fatto conoscere grandi architetti. Cosa mi abbia portato a perseverare non so se mai lo capirò, sicuramente mi dà grandi soddisfazioni e grandi delusioni. Essere architetto in Ticino vuol dire vivere una sfida continua in un luogo in cui le opportunità scarseggiano per chi ha a cuore il territorio”.
Una vita semplice
Gli chiedo come percepisca il mondo di oggi e cosa emerga nel dialogo con i coetanei… “Non mi piace essere fatalista, ma trovo troppa incoerenza nell’affrontare importanti tematiche che toccano ogni individuo, come l’impatto della nostra alimentazione e di altre nostre abitudini sulla salute ambientale.
Affrontando questi temi con i miei coetanei spesso si trae la conclusione di doversi forzatamente isolare per condurre una vita rispettosa”. Per Federico Rella, sia come architetto che come uomo, una vita semplice e giusta è il risultato di una riflessione continua sul proprio ruolo. “Credo che non abbiamo bisogno di molto; mangiare sano, vivere la natura e operare nel rispetto dell’ambiente e delle persone (quando possibile) dovrebbero essere i nostri principi. Purtroppo viviamo in un’epoca in cui spesso non siamo disposti a rinunciare alle cose e piuttosto giungiamo a compromessi. Vivere in una casa in cui sono i colori delle materie naturali reperite in loco a scaldare l’ambiente mi dà pace, direi quasi la stessa pace che percepisco nello stare in natura”.
Quando sviluppa una casa, non segue un ideale strutturale fisso, ma si focalizza piuttosto sul rapporto con il contesto.
“Un progetto credo abbia spesso il compito di risolvere qualcosa che va oltre alla mera funzione dello stesso, ogni elemento ha un ruolo in un ecosistema più ampio”. Tra i suoi progetti attuali e futuri ci sono alcune ristrutturazioni di piccole abitazioni di nucleo, un negozio a Morcote, un progetto di piccole abitazioni sparse per il globo, delle ceramiche, tavoli e mobili. “Non mi pongo mai traguardi o sogni… aspetto, arrivano da soli”.
“Oggi la gente ti giudica, per quale immagine hai, vede soltanto le maschere e non sa nemmeno chi sei” così canta Marco Mengoni nella sua ‘Esseri umani’ e, per togliersi la maschera, spesso bisogna guardarsi allo specchio e accettare la propria immagine riflessa, svestendo ruoli preconfezionati, aspettative del mondo circostante e paura di contattare il proprio vero sé. Per Serena un passaggio trasformativo e importante è stato l’incontro con Federica: “Ho trovato la forza di accettarmi e raccontare in maniera serena il mio orientamento sessuale, innanzitutto a me stessa, grazie alla presenza e all’amore tra me e Federica”. Le radici dell’ignoranza affondano spesso nella paura di ciò che non si conosce e che ci sembra lontano da un modo di essere e di vivere la propria esistenza.
Federica e Serena si sono sposate il 2 settembre del 2022 e hanno fortemente voluto diventare mamme per suggellare il loro amore creando una famiglia con l’arrivo di Sophie.
Basta l’amore per aprire le menti di chi non conosce o ci vuole altro? Federica risponde: “Nel caso di famiglie omogenitoriali come la nostra, forse l’amore non basta per aprire una breccia di consapevolezza nelle menti e nei cuori di chi non conosce. Siamo due genitrici come molte altre, forse, basterebbe semplicemente ‘normalizzare’ chi siamo e cosa facciamo senza soffermarsi troppo sul fatto che siamo due donne. Come ci sono famiglie con un papà e una mamma, ci possono essere due papà o due mamme”. Federica aggiunge che basterebbe avere un atteggiamento di naturalezza verso le famiglie arcobaleno, iniziando già sin dalla scuola dell’infanzia a sensibilizzare e informare, permettendo a chi lavora nel mondo dell’educazione di avere gli strumenti e le conoscenze per approcciarsi, senza timore, alle famiglie considerate ancora da molti – ma non da tutti - “non convenzionali”.
Sentire profondo
L’arrivo di Sophie che tipo di reazioni ha suscitato nelle famiglie di origine di Federica e Serena? “Inizialmente c’è stata un po’ di paura da parte dei nostri genitori” esordiscono all’unisono le due spose: “Paura intesa come timore che potessimo ricevere critiche oppure offese per questa nostra scelta di vita. Preoccupazioni che si sono dissolte quando è nata Sophie. È stato incredibile quanto le nostre famiglie si siano ancora più unite”. Federica continua: “Per ovvie ragioni abbiamo dovuto programmare questa gravidanza e nel lasso di tempo in cui abbiamo organizzato i vari passi da compiere sorgevano paure, dubbi, emozioni contrastanti a cui passo dopo passo davamo risposte. È stato un processo maturato con amore e consapevolezza”. Serena aggiunge: “Per noi dare la vita a Sophie è stato un sentire profondo, molto profondo”.
Maternità
@oh.mamiblue è la pagina Instagram di Alejandra e Verónica: “Two moms, two kids, two dogs” è il sottotitolo delle giovani donne che hanno fatto conoscere a Federica e Serena il “metodo ROPA” anche conosciuto come “maternità condivisa”. “Ci siamo documentate su questo metodo di riproduzione assistita che ci è piaciuto molto”. Federica ha portato in grembo per nove mesi un ovulo di Serena fecondato da un donatore. “Non voglio sminuire gli altri metodi di procreazione, ma per me che ho vissuto la gravidanza è stato magnifico. Guardo Sophie e rivedo Serena da bambina, è emozionante”.
Domanda
È inutile girarci intorno, quel giorno arriverà: il giorno in cui Sophie chiederà come à arrivata su questa terra. “Riflettiamo spesso su questo punto e ci chiediamo che parole useremo quel giorno, ma siamo allineate sul fatto che saremo semplici, spontanee e amorevoli”; Serena aggiunge che sono entrambe grate al donatore che ha permesso di far nascere la loro figlia, tuttavia Sophie non ha un papà, ma ha una mamma e una mami e non ha nessuna mancanza. “Per noi è naturale che un bambino cresca nell’amore a prescindere da come sia arrivato nella famiglia in cui cresce”.
L’Associazione Famiglie Arcobaleno ha organizzato un brunch (con iscrizione) domenica 14 aprile dalle 11.30 alle 14, alla Masseria Cantori delle Cime di Lugano.
Informazioni: www.regenbogenfamilien.ch.