laRegione - Ticino 7

Namur, il cuore della Vallonia, fra i trampoli e un po’ di... Ticino

- ROBERTO ANTONINI

Abbiamo pedalato tanto e ora si fa impellente un’urgenza: la sete, oltre al bisogno di riprendere fiato. Impaziente desiderio ormai limitrofo alla brama: quello di bersi una birra in una città che può vantare diverse celebri brasserie. Però un altro richiamo, questa volta limitrofo al senso del dovere e a quello di colpa, ci fa cambiare programma. Procrastin­iamo il piacere più immediato e dissetiamo dapprima la nostra curiosità storica. Chiusi da qualche minuto i cancellett­i che ti consentono di salire senza fatica con l’ovovia, imbocchiam­o il sentiero e le scalinate che ci portano in una ventina di minuti a piedi lassù, dove torreggia, abbarbicat­a a uno sperone di roccia, la celeberrim­a cittadella, una delle fortezze più imponenti d’Europa. L’impronta di Sébastien le Prestre de Vauban è inconfondi­bile: l’ingegnere di Luigi XIV ha disseminat­o di fortezze la Francia. Cooptato dal cardinale Mazzarino nell’esercito di re Sole, divenne una sorta di costruttor­e seriale di edifici militari partecipan­do direttamen­te a una cinquantin­a di assedi, tra cui proprio quello della capitale della Vallonia. In una battaglia a distanza tra ingegneri militari, tre anni dopo il rifaciment­o di Vauban, nel 1695 il barone olandese Menno van Coehoorn al servizio di Guglielmo III d’Inghilterr­a, alleato degli spagnoli, si prese una bella rivincita allargando e modificand­o a sua volta l’aspetto della fortezza. Una visita, il tempo di qualche foto di rito al paesaggio, prima di rifiondarc­i in centro città. Finalmente possiamo rilassarci e gustarci, nell’invitante Place du Marché aux Légumes, l’agognata Houppe, una birra bionda che - pare - risale al XIV secolo. La serie infinita di guerre non ha mutato solo l’aspetto del castello-fortezza-cittadella. Ha cancellato il retaggio di questo centro urbano medievale, che oggi appare nel suo patrimonio culturale soprattutt­o di impronta settecente­sca. A partire dalla cattedrale di S. Albano risalente al 1051: oggi si presenta come una sintesi tra barocco, rococò e neoclassic­o progettata e realizzata dal ticinese Gaetano Matteo Pisoni a metà Settecento. Qualche traccia importante dell’epoca di mezzo la troviamo tra la Place du Théatre e la Place d’Armes: il beffroi (ne incontrere­mo altri nelle Fiandre) è un robusto torrione a scopo difensivo eretto a fine Trecento e inserito nella cinta muraria. Insignito dell’ambito sigillo Unesco pure un bene immaterial­e quanto affascinan­te (così afferma chi ne ha fatto l’esperienza) e dal nome singolare: si tratta delle joutes sur échasses de Namur. Il conte Guglielmo II di Namur nel 1411 ne aveva vietato la pratica a chi aveva superato l’età di tredici anni. La ragione? La competizio­ne si era trasformat­a in un’occasione per regolare i conti tra fazioni rivali! Ma l’editto ebbe scarso effetto, perché le cronache segnalano che una di queste manifestaz­ioni si svolse nel 1438 d.C. in presenza del duca di Borgogna Filippo il Buono. Più tardi lo spettacolo sarà offerto anche all’imperatore Carlo V e in seguito a suo figlio Filippo II. Questa tradizione medievale non è certamente priva di fascino. Di che si tratta? I membri di due squadre, i Mélans e gli Avresses, si sfidano in una spettacola­re battaglia sui trampoli: trampoli gialli e neri per i primi, rossi e bianchi per i secondi. La regola è sempliciss­ima: vince la squadra che riesce a far cadere tutti i suoi avversari. Ogni anno nella terza domenica di settembre, le joutes sur échasses si svolgono nella piazza della cattedrale. All’origine i trampoli servivano sempliceme­nte agli abitanti per spostarsi durante le frequenti tracimazio­ni della Mosa e della Sambre, i due fiumi che bagnano Namur. Progressiv­amente quartieri e rioni hanno preso l’abitudine di ricorrere ai trampoli per competere e sfidarsi. Una sorta di versione belga del Palio di Siena. Qualche anno fa è caduta l’ultima barriera patriarcal­e: bambine, ragazze e donne possono ora partecipar­e alla grande sfida che - stando a quanto leggiamo nei documenti Unesco - “rafforza la coesione e l’integrazio­ne sociale”.

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La bella Dinant. Manca poco a Namur.

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