Namur, il cuore della Vallonia, fra i trampoli e un po’ di... Ticino
Abbiamo pedalato tanto e ora si fa impellente un’urgenza: la sete, oltre al bisogno di riprendere fiato. Impaziente desiderio ormai limitrofo alla brama: quello di bersi una birra in una città che può vantare diverse celebri brasserie. Però un altro richiamo, questa volta limitrofo al senso del dovere e a quello di colpa, ci fa cambiare programma. Procrastiniamo il piacere più immediato e dissetiamo dapprima la nostra curiosità storica. Chiusi da qualche minuto i cancelletti che ti consentono di salire senza fatica con l’ovovia, imbocchiamo il sentiero e le scalinate che ci portano in una ventina di minuti a piedi lassù, dove torreggia, abbarbicata a uno sperone di roccia, la celeberrima cittadella, una delle fortezze più imponenti d’Europa. L’impronta di Sébastien le Prestre de Vauban è inconfondibile: l’ingegnere di Luigi XIV ha disseminato di fortezze la Francia. Cooptato dal cardinale Mazzarino nell’esercito di re Sole, divenne una sorta di costruttore seriale di edifici militari partecipando direttamente a una cinquantina di assedi, tra cui proprio quello della capitale della Vallonia. In una battaglia a distanza tra ingegneri militari, tre anni dopo il rifacimento di Vauban, nel 1695 il barone olandese Menno van Coehoorn al servizio di Guglielmo III d’Inghilterra, alleato degli spagnoli, si prese una bella rivincita allargando e modificando a sua volta l’aspetto della fortezza. Una visita, il tempo di qualche foto di rito al paesaggio, prima di rifiondarci in centro città. Finalmente possiamo rilassarci e gustarci, nell’invitante Place du Marché aux Légumes, l’agognata Houppe, una birra bionda che - pare - risale al XIV secolo. La serie infinita di guerre non ha mutato solo l’aspetto del castello-fortezza-cittadella. Ha cancellato il retaggio di questo centro urbano medievale, che oggi appare nel suo patrimonio culturale soprattutto di impronta settecentesca. A partire dalla cattedrale di S. Albano risalente al 1051: oggi si presenta come una sintesi tra barocco, rococò e neoclassico progettata e realizzata dal ticinese Gaetano Matteo Pisoni a metà Settecento. Qualche traccia importante dell’epoca di mezzo la troviamo tra la Place du Théatre e la Place d’Armes: il beffroi (ne incontreremo altri nelle Fiandre) è un robusto torrione a scopo difensivo eretto a fine Trecento e inserito nella cinta muraria. Insignito dell’ambito sigillo Unesco pure un bene immateriale quanto affascinante (così afferma chi ne ha fatto l’esperienza) e dal nome singolare: si tratta delle joutes sur échasses de Namur. Il conte Guglielmo II di Namur nel 1411 ne aveva vietato la pratica a chi aveva superato l’età di tredici anni. La ragione? La competizione si era trasformata in un’occasione per regolare i conti tra fazioni rivali! Ma l’editto ebbe scarso effetto, perché le cronache segnalano che una di queste manifestazioni si svolse nel 1438 d.C. in presenza del duca di Borgogna Filippo il Buono. Più tardi lo spettacolo sarà offerto anche all’imperatore Carlo V e in seguito a suo figlio Filippo II. Questa tradizione medievale non è certamente priva di fascino. Di che si tratta? I membri di due squadre, i Mélans e gli Avresses, si sfidano in una spettacolare battaglia sui trampoli: trampoli gialli e neri per i primi, rossi e bianchi per i secondi. La regola è semplicissima: vince la squadra che riesce a far cadere tutti i suoi avversari. Ogni anno nella terza domenica di settembre, le joutes sur échasses si svolgono nella piazza della cattedrale. All’origine i trampoli servivano semplicemente agli abitanti per spostarsi durante le frequenti tracimazioni della Mosa e della Sambre, i due fiumi che bagnano Namur. Progressivamente quartieri e rioni hanno preso l’abitudine di ricorrere ai trampoli per competere e sfidarsi. Una sorta di versione belga del Palio di Siena. Qualche anno fa è caduta l’ultima barriera patriarcale: bambine, ragazze e donne possono ora partecipare alla grande sfida che - stando a quanto leggiamo nei documenti Unesco - “rafforza la coesione e l’integrazione sociale”.