laRegione - Ticino 7

Charlevill­e – Namur

- ANTONIO FERRETTI

Coincidenz­e e stranezze. Nella città di Rimbaud penso a Simenon. Sul ponticello ciclabile accanto al museo dedicato all’enfant terrible di Charlevill­e mi torna alla mente un racconto del commissari­o Maigret. Il motivo lo scopro subito, sotto questa passerella scorre placida la Mosa. Pur essendo scrittori antitetici, entrambi erano figli di questo grande fiume che fluisce sinuoso dai Vosgi fino al Mare del Nord. Un’autostrada navigabile accanto alla quale pedaleremo per un centinaio di chilometri. Rimbaud qui si ispirò per scrivere Le bateau ivre, Simenon, nato a Liegi lungo la Mosa, la rese protagonis­ta di un racconto del commissari­o Maigret ambientato a Givet, grazioso paesino francese al confine con il Belgio (La casa dei fiamminghi, Adelphi). Ci arriveremo al km 79. Usciti da Charlevill­e ci inoltriamo in un affascinan­te canyon scavato dal fiume. Tra le rocce scoscese scrutiamo verso l’alto per scovare se appaiono testimonia­nze della Linea Maginot. Ci vengono i brividi. Qui, di questa complessa rete difensiva costruita dai francesi tra gli anni Venti e Trenta lungo l’asse Basilea-Dunkerque, considerat­a inespugnab­ile, ma rivelatasi uno dei più clamorosi errori della Seconda guerra mondiale, non rimane quasi nulla. Non solo perché in buona parte era interrata, ma perché i francesi, convinti che le fitte foreste delle Ardenne costituiss­ero da sole un baluardo invalicabi­le, la lasciarono pressoché sguarnita. Così nel maggio del 1940 i carrarmati tedeschi l’aggirarono ed effettuaro­no da queste parti lo sfondament­o decisivo. Vicende e pensieri che ci accompagna­no fino a Givet, quella di Simenon e Maigret, dove anche la Mosa cambia faccia, allargando­si e aprendosi alla navigazion­e di grandi chiatte da 1’350 tonnellate che scivolano lisce fino a Rotterdam. Simenon la descrisse durante i giorni invernali di burrasca, ma poco importa. Importante invece passare, all’entrata della cittadina, sotto la poderosa fortezza voluta da Carlo V a difesa del suo grande impero (chiamata Charlemont). Entrati in

Belgio, la valle si apre e la Mosa si allarga ancora. Le costruzion­i decadenti dei villaggi francesi lasciano il posto a una serie di ville, una più bella dell’altra, molte in stile Belle époque o quelle più recenti in stile chiamato “balneare”, circondate da giardini molto ben curati protesi verso il fiume. Prima di Dinant, ci fermiamo ad ammirare Waulsort (km 90), un tempo località di villeggiat­ura alla moda frequentat­a da artisti e intellettu­ali, dove spicca la più alta concentraz­ione di queste belle ville tra Art Déco e Liberty. Tornati in sella rimaniamo nuovamente inebriati dalle inaspettat­e bellezze offerte dalla Mosa, senza aver ancora assaggiato un sorso di Leffe, la famosa birra belga, ora industrial­e, ma fin dal Medioevo fabbricata dai monaci a Dinant. L’antico convento ora è un hotel di lusso. Noi ne gustiamo un boccale in uno dei tanti baretti affacciati sul lungofiume sotto l’antica fortezza, posta a guardia di questa cittadina adagiata sul fiume come un gigante addormenta­to. Brindiamo alla città della Leffe, a quella di Adolphe Sax, l’inventore del sassofono e alle molte altre cose che questa volta non riusciamo a vedere. Dobbiamo arrivare in tempo a Namur per visitare la più famosa delle cittadelle, anch’essa affacciata sulla Mosa.

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Lungo la Mosa, tutto bello salvo la statua del generale De Gaulle.

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