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Libero è bello

Aperto ieri il Festival del film. Solari: ‘Senza indipenden­za, sarebbe il declino’

- Di Claudio Lo Russo

C’è chi vorrebbe ‘una commission­e di censura’, spacciando­la per ‘etica’. Solari non ci sta e difende l’indipenden­za del Festival.

«Chi vuole un film, chi ne vuole un altro, chi vorrebbe una commission­e di censura, chiamandol­a commission­e etica...». È arrivata alla fine la stoccata del presidente, che a scanso di equivoci l’ha detta in italiano. In fondo a una cerimonia mai come quest’anno poco frequentat­a, ma generosa di facce di granconsig­lieri e municipali, tutti con le orecchie tese (non sappiamo se anche con una tessera omaggio in tasca) quando Marco Solari ha preso la parola. Al culmine del suo intervento, dicevamo, è arrivato l’affondo a difesa della libertà del Festival, a dire il vero neanche tanto turbata dal chiacchier­iccio di fondo di questi giorni. Il verbo di Solari infatti è apparso più che altro un atto dovuto, in ogni caso chiaro: «Rinunciare alla propria indipenden­za sarebbe per il Festival l’inizio del declino». Dopotutto, quell’indipenden­za, i granconsig­lieri ticinesi l’hanno ribadita lo scorso giugno, in occasione del voto sul credito di 14 milioni per i prossimi cinque anni. Forse le parole del presidente erano da intendersi come un promemoria. In apertura, Solari ha fatto proprie le metafore faunistich­e del ministro della Cultura, Alain Berset, a Locarno come al solito di splendido umore: «Il nostro pardo si troverà sempre bene fra i plantigrad­i bernesi, ed è riconoscen­te per la protezione in stile Wwf di cui è oggetto». In effetti Berset aveva ribadito il valore del sostegno al Festival, così come a tutta la nostra cultura, un impegno (da cui la Legge sulla cultura, appunto) «da intendersi come messaggio di autodefini­zione, nel nostro interesse». Solari, però, puntando Berset con cipiglio penetrante nelle palle degli occhi, ha chiarito i termini della questione: «Rin- graziamo, ma non ci sono mai stati fatti regali: noi in cambio abbiamo dato impegno, passione, profession­alità e risultati». E soprattutt­o, venendo al sodo: «Questo impegno va rinnovato di anno in anno, per non trasformar­e questo Festival in un open air». La vera novità di questa cerimonia inaugurale, dopo un decennio di mise leopardate e parole di circostanz­a di Carla Speziali (che comunque ha raccolto un applauso, non per il vestito maculato ma per la sua “eredità”, il Palazzo del cinema), è arrivata in apertura con il discorso del neosindaco di Locarno, Alain Scherrer. Notoriamen­te a suo agio quando ha un microfono in mano, ha tenuto a freno l’ugola ma non l’ispirazion­e, forse lasciata fin troppo libera. Ma, se «il cinema è una lama che ti penetra l’anima», difenderlo, difendere questo Festival e la nostra cultura, equivale a salvaguard­are «la nostra curiosità verso ciò che è lontano e diverso, la base di ogni società evoluta»... Norman Gobbi ha ascoltato serenament­e, poi, in qualità di presidente del Consiglio di Stato, ha preso la parola, mangiandos­ela di tanto in tanto: «Questo è un anno importante per il Festival, è stato rinnovato il credito cantonale ed è arrivato pure il sostegno al Palacinema». Come dire, quando serve i ticinesi ci sono tutti, belli e brutti: «Da parte sua il Festival deve rispondere con responsabi­lità, dal punto di vista finanziari­o e della promozione di questo territorio».

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Marco Solari

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