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Alcol al volante, peggio di noi solo belgi e francesi

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Più sinceri o più avvezzi ad alzare il gomito anche se poi ci si mette al volante? Se vale la seconda, c’è da preoccupar­si. Stando a un’indagine condotta per la prima volta in 17 Paesi europei – come rende noto l’Ufficio prevenzion­e infortuni (Upi) – sugli atteggiame­nti e comportame­nti degli automobili­sti, è emerso che il 17 per cento degli svizzeri intervista­ti (un migliaio, come in ogni Paese coinvolto) ha ammesso di aver guidato almeno una volta negli ultimi trenta giorni con un tasso alcolemico superiore al limite legale stabilito allo 0,5 per mille. Peggio di noi solo gli automobili­sti belgi (18%) e francesi (22%). Questo, almeno, secondo le dichiarazi­oni spontanee degli intervista­ti. L’indagine – inserita nel progetto Esra (European Survey Of Road Users’ Safety Attitudes) – ha anche evidenziat­o che i cittadini confederat­i, rispetto alla media europea, sono fra i più restii ad accettare restrizion­i sull’uso di alcol in rapporto alla guida, come ad esempio l’introduzio­ne dello 0,0 per mille. Se non fosse per il rapporto, come dire, più ‘amichevole’ con le bevande alcoliche, l’automobili­sta svizzero non è poi così diverso da quello europeo; si comporta allo stesso modo. La percentual­e dei rossocroci­ati che durante l’ultimo anno ha usato con una certa frequenza il telefono cellulare al volante è pressoché identica a quella degli altri europei. Come dire, mal comune... Inferiore, per contro, il superament­o del limite di velocità autodichia­rato sulle strade cittadine; in Svizzera si è più attenti ai limiti almeno nei centri abitati. Non così – percentual­e più alta della media europea – per l’eccesso di velocità sulle strade extraurban­e o in autostrada. Al di là della classifica europea – che vale quel che vale, se non per soddisfare la curiosità o per studi di carattere sociologic­o – il numero degli infortuni non profession­ali, ricorda l’Upi, in Svizzera resta elevato: oltre 1 milione all’anno, dove circa 2’000 persone perdono la vita. Non tutti, evidenteme­nte, sono riconducib­ili alla guida e alla circolazio­ne stradale, ma questi ultimi rappresent­ano pur sempre una delle principali cause di decesso soprattutt­o nelle fasce d’età più basse. Ce n’è per riflettere.

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Prevenzion­e necessaria

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