laRegione

Quando Emanuela Zardo si inchinò alla regina

- Di Ezio Guidi

Quando Marc Rosset vinse l’oro olimpico consegnand­o alla Svizzera l’unica medaglia di quella edizione dei Giochi (Barcellona, 8 agosto 1992), al “villaggio” in riva al mare e sui campi da tennis v’era anche Emanuela Zardo (Manu per gli amici), allora 22enne giubiasche­se e già numero 27 delle classifich­e mondiali. Senza alcun dubbio la più forte giocatrice della storia del tennis di casa nostra. Una raffica di titoli nazionali fra il 1986 e il 1994 (otto in singolare e cinque in doppio), 30 presenze in Fed Cup, la vittoria al torneo di Taranto, gli ottavi di finale in un torneo del Grande Slam (Melbourne 1994). Oggi, 46enne, dal 1999 insegna tennis con immutato entusiasmo e competenza al Tc Mendrisio. Proprio 30 anni fa, sedicenne, conquistav­a il primo titolo di campioness­a svizzera. Sorride ricordando che nati come lei nel 1970 ci sono pure Gabriela Sabatini, André Agassi, Jim Courier e Marc Rosset. Sfogliando l’album dei ricordi, le prime curiose immagini sono quelle della cerimonia d’apertura. Alle spalle del ginnasta Giubellini, impegnato nel ruolo di portabandi­era, cinque graziose donzelle con elegante giacca nei colori dei cinque cerchi olimpici. Di rosso vestita si riconosce Emanuela Zardo. «A dire il vero ero stata prescelta non per particolar­i meriti sportivi ma solo perché fra le atlete elvetiche ero la sola a portare la taglia 36!». Nelle torride giornate catalane con il termometro più o meno stabile in zona 40 gradi, non facile giocare sotto il solleone. Emanuela Zardo, fermata al primo turno del tabellone di singolare dalla quotata bulgara Magdalena Maleeva, arriva agli ottavi del torneo di doppio in compagnia di Manuela Maleeva-Fragnière (sorella di Magdalena), svizzera per matrimonio. Quella volta, racconta la giubiasche­se, prima di beccare secco dalle favoritiss­ime iberiche Sanchez-Martinez, un imprevisto e indimentic­abile siparietto: «Nel bel mezzo di uno scambio, dalle tribune sonori applausi. Comprensib­ilmente l’arbitro chiede silenzio al pubblico. Non si era accorto che proprio in quel momento era giunta allo stadio la Regina Sofia. Persino noi giocatrici in campo fummo invitate a fermarci per un doveroso inchino alla tribuna reale!». Sullo stesso centrale e sempre con il termometro in zona 40 gradi, pochi giorni dopo in un’atmosfera da incredibil­e corrida, il piacere e l’emozione di raccontare le oltre cinque ore dell’incredibil­e finale vinta dal quasi 22enne Marc Rosset (allora numero 44 dell’Atp) contro José Arrese, catalano doc e figlio del guardiano dello stadio. Ricordiamo che, in volo dalla Svizzera e per compliment­arsi con il ginevrino, giunse il consiglier­e federale Flavio Cotti.

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