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È lo ‘stato di necessità’

Lo ha decretato ieri il Cantone per il Mendrisiot­to. Strumento per reagire all’emergenza migranti Snellite le procedure per creare un unico centro di accoglienz­a temporaneo a Rancate. Sostituirà tre impianti di Pci. Gobbi: ‘Si abbassino i toni’.

- Di Daniela Carugati e Stefano Lippmann

Il Mendrisiot­to da ieri è in ‘stato di necessità’. Davanti a una situazione straordina­ria il governo cantonale ha reagito con strumenti eccezional­i. Il capo del Dipartimen­to istituzion­i Norman Gobbi rimette, però, subito il campanile al centro del villaggio. «Per la vita dei momò non cambia nulla. Non significa che c’è una emergenza o una crisi – rassicura il ministro parlando a nome del Consiglio di Stato. E spiega –: Ciò ci permette di attivare entro l’inizio di settembre un centro unico temporaneo per migranti in procedura di riammissio­ne semplifica­ta in Italia, seguendo una procedura più snella e contenendo altresì i costi di allestimen­to». La struttura si sostituirà alle tre sedi di Protezione civile (Pci) di Chiasso, Vacallo e Coldrerio – Castel San Pietro è di riserva – che oggi accolgono le persone in attesa di essere riconsegna­te alle autorità d’Oltrefront­iera. I posti a disposizio­ne (150) non aumenteran­no: «Non si creeranno un ‘Chiasso 2’ o un ‘Losone 2’». A cambiare sarà solo la loro ubicazione, sotto uno stesso tetto e lontano da «zone sensibili». Ovvero distanziat­i da centri abitati, scuole, case per anziani. Anche se, ammette lo stesso Gobbi, «sin qui nella gestione degli impianti non si sono registrati problemi di sorta». Nello stabile in via alla Rossa, nella zona industrial­e di Rancate, i migranti trascorrer­anno la notte che precede il loro rientro in Italia. Tutto sarà pronto per la fine del mese: gli Enti regionali di Pci provvedera­nno ad allestirlo sotto la supervisio­ne del Cantone, che tramite la Polizia cantonale assicurerà la sicurezza esterna (all’interno sarà presente un servizio privato). Quanto alla Confederaz­ione? Darà una mano nella gestione e nella copertura delle spese. Sulla ripartizio­ne dei costi il consiglier­e Gobbi preferisce non sbilanciar­si, ma potrebbe avvicinars­i al 50%.

Nodo le entrate illegali

D’altro canto, davanti al numero delle entrate illegali – «fortemente aumentate nelle ultime sei settimane», ricorda il ministro – non si poteva restare a guadare. Non quando lo straordina­rio (come l’uso

delle Pci) diventa la quotidiani­tà e nel primo scorcio del mese si oltrepassa il totale dei soggiorni illegali di tutto l’agosto 2015. La misura attuata, in effetti, intende dare una mano pure a chi opera al fronte, a cominciare dalle Guardie di confine, che rischiano di dover distoglier­e l’attenzione da altre priorità (dal contrabban­do alla criminalit­à transfront­aliera). Di fatto, annota ancora Gobbi, tra giugno e luglio gli sbarchi sulle coste dell’Italia del Sud non sono cresciuti. A salire è stata semmai la pressione alla nostra frontiera, bloccate le vie del Brennero e della Carinzia. «Questa è stata percepita come l’unica porta aperta verso il nord». I migranti, conferma, vi arrivano, per lo più, senza far capo ai passatori – molti sono senza un soldo –; in alcuni casi cercano un passaggio lungo la frontiera verde. Ma per i cittadini stranieri provenient­i da Paesi extraeurop­ei, senza documenti e un visto Schengen o già registrati Oltreconfi­ne, il viaggio finisce qui, o all’ombra della stazione San Giovanni a Como. «Chiariamo – sgombra il campo Gobbi –: agiamo nella legalità con le riammissio­ni semplifica­te, constatato che sono giunti dall’Italia. La Svizzera non viene meno al suo ruolo umanitario. Lo si vede dalle richieste d’asilo, raddoppiat­e in giugno e luglio rispetto all’anno scorso». Come dire che le leggi vengono applicate. A impensieri­re il Cantone, fa capire Gobbi, è altro. C’è apprension­e per la situazione al di là del valico: «La problemati­ca italiana, non facile e che comprendia­mo, tocca anche noi». Come sono i rapporti con le autorità? «La collaboraz­ione – ci risponde il ministro – non ha mai funzionato bene come oggi. Potrebbe capitare una corrente d’aria e che si cambi atteggiame­nto». Sulle riammissio­ni? «Rispetto ad anni passati in cui la situazione era anche molto difficile, ora si dimostra una grande disponibil­ità; si lavora 7 giorni su 7. E con i prefetti di Como e Varese ci sono contatti di amicizia». Diverso il clima politico interno. «Ci preoccupan­o certe posizioni contrappos­te: penso ai vandalismi di oggi (ieri per chi legge, ndr) a una ditta di trasporti– precisa il direttore del Di –. Bisogna abbassare i toni; e lo dico anche ai miei».

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TI-PRESS/B. GALLI ‘La popolazion­e capisca la misura presa’

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