‘Io resterò pura’
C’è un aspetto che più di ogni altro mi è parso interessante in ‘Le ciel attendra’, il film per cui forse verrà ricordata la Piazza di quest’anno. In una realtà corrotta, vacua, ipocrita, volgare, c’è qualcosa a cui in particolare anelano quelle ragazze poco più che bambine, sedotte dal messaggio jihadista: la purezza. “Mi conserverò pura per te”, dicono e dicono ancora a un amore più mentale che reale. Tu non sei come gli altri, io non sono come gli altri. Io desidero, io devo essere, io sarò pura. Nonostante l’assedio di un reale moralmente, intellettualmente, intimamente perduto, io resisterò, conserverò intatto il mio cuore, la parte più autentica e pulita di me. Laggiù c’è la mia verità e i vostri sozzi artigli non potranno intaccarla. In questo Festival come altrove si assiste al perpetuo mercato quotidiano della carne. Corpi, dettagli anatomici, amplessi imposti senza poesia, senza mistero, senza pietà allo sguardo, il baratto della caducità umana spacciato per arte o per provocazione, un viaggio al termine del pensiero in cui abbandonare ogni pudore, ogni speranza. Siamo liberi, noi, siamo padroni del nostro destino, determiniamo ciò che sarà e lo facciamo vedere, con i nostri muscoli tonici da mezz’ora di palestra al giorno, il tatuaggio giapponese sull’interno del bicipite, le nostre carni flaccide, eccessive, invadenti che traboccano da pantaloncini troppo corti, troppo stretti per contenerle. In un mondo di clienti, di servi corrotti da un “mi piace”, di beati nullapensanti insensibili al richiamo della vita e del prossimo abbandonato a sé stesso, c’è ancora chi non ci sta. E cerca un senso, una speranza, una salvezza in qualcosa di incorruttibile. Qualsiasi cosa, pur di restare puri. Piuttosto, sul limitare della notte, fuoco, fuoco e distruzione.