La musica del Pardo
Intervista al compositore Howard Shore, vincitore del Vision Award La colonna sonora è molto importante: per questo, spiega l’autore delle musiche del ‘Signore degli anelli’ e del ‘Silenzio degli innocenti’, occorre collaborare con il regista per riuscire
Volendolo definire in tre parole, Howard Shore è un musicista innamorato del cinema. E che cinema: il compositore canadese ha lavorato con registi come David Cronenberg, Martin Scorsese, David Fincher, Jonathan Demme, Peter Jackson o Tim Burton, dando forza musicale al mondo fantastico del ‘Signore degli Anelli’, alla suspense del ‘Silenzio degli innocenti’ e di ‘Seven’ o all’umorismo di commedie come ‘Mrs. Doubtfire’. Senza dimenticare la sua partecipazione, come primo direttore musicale, al celeberrimo ‘Saturday Night Live’ e, per quanto possa fare strano parlare di televisione in un festival del film, l’intervista locarnese con Howard Shore è partita proprio da lì, da quello show «che ha cambiato il modo di fare televisione». «Quando ero giovane – racconta Shore – avevo iniziato a lavorare con il mio amico Lorne Michaels, facevo un po’ l’attore, un po’ lo scrittore, il regista… Nel 1975 siamo andati a New York per creare ‘Saturday Night Live’: all’inizio eravamo solo in dodici, e io lì ho iniziato a occuparmi principalmente della musica». È lì – ammette Shore ridendo – che il compositore ha battezzato i Blues Brothers: «John Belushi e Dan Aykroyd avevano il compito di scaldare il pubblico prima della diretta televisiva suonando con la band che avevo assemblato, e io ho iniziato a presentarli come i “brothers in blue”». Tornando al cinema e alle colonne sonore, «cerco sempre di instaurare una buona collaborazione con il regista, perché l’obiettivo è esprimere l’idea del film, per cui è importante sentire il regista, per
quanto la musica che scrivo è sempre espressione di quella che è la mia percezione della storia». Collaborazione che non sempre è possibile, e qui il riferimento è alla colonna sonora – sostituita a pochi mesi dall’uscita – del ‘King Kong’ di Peter Jackson: «A volte le cose, e le persone, cambiano, ogni tanto le cose funzionano, ogni tanto no». Shore ritorna spesso sul fatto che il cinema è un lavoro di squadra del quale la colonna sonora deve fare parte: «La musica
è molto potente, nei film, dà accesso al sottotesto, accentua aspetti della trama, anche se spesso il pubblico non se ne rende conto». E a volte neppure il regista, visto che alcuni cineasti si accorgono del lavoro di Shore alcuni mesi dopo l’uscita del film nelle sale. Tra questi non c’è sicuramente Martin Scorsese, «è un grande appassionato di musica, nei suoi film la colonna sonora non è mai casuale, mai; inoltre vuole sempre vedere in sala il film, e per intero, non solo degli
spezzoni, per capire l’esperienza». E a proposito dell’esperienza-cinema, nel comporre le musiche Shore tiene conto del fatto che sempre più persone guardano, e quindi ascoltano, i film su smartphone? «Non è un’esperienza molto bella, quella: io non riesco a guardare i nuovi film in quel modo, ho bisogno di una sala buia, senza distrazioni, e imposto il mio lavoro così, pensando a una sala con un buon schermo e un buon impianto audio».