Grande Ken Loach, piccolo tunnel coreano
Bella serata ieri in Piazza Grande sopratutto grazie allo straordinario Ken Loach che con il suo ‘I, Daniel Blake’ ci porta a Newcastle, oggi. Il 59enne Daniel Blake (un intenso e calibrato Dave Johns), un carpentiere costretto a lasciare il posto di lavoro dopo un infarto, è vittima di una sfilza di quotidiane incomprensioni con la burocrazia statale. Nell’ufficio di collocamento incontra una ragazza madre, Katie (una bravissima Hayley Squires), la vede maltrattata e si pone al suo fianco. Intanto la sua vita sprofonda, perde l’assistenza e l’assegno di invalidità. Anche per Katie va male, non le basta il banco alimentare, arriva a rubare al supermercato, infine a pensare di vendersi. Sarà Daniel ad accusare una società incapace di riconoscere a un uomo quarant’anni di lavoro e tasse pagate, incapace di rispettare un malato di cuore e una madre disperata, e chiude ricordando di non essere il numero di tessera sanitaria o di un libretto di lavoro, ma di essere un cittadino di un Paese che deve rispettare i suoi abitanti cominciando a chiamarli per nome. Scritto come al solito con grande passione da Paul Laverty e accompagnato dalle musiche del fedele George Fenton, il film vive dell’emozione civile che anima un regista dal linguaggio asciutto e popolare com’è Ken Loach. Non convince invece il coreano Kim Seong-hun con il suo ‘Teo-neol’ (Il tunnel), un film su un uomo che resta intrappolato in auto sotto una galleria che crolla al suo passaggio. Nonostante il tentativo di dare anche un colore politico all’assunto, la galleria è mal costruita, il film propone un cliché abusato e mai convince in un dramma claustrofobico che si trasforma involontariamente in commedia. U.B.