Nel nido dei non detti
Ieri nei Cineasti del Presente e in una Sala piena il debutto di Klaudia Reynicke Un film ticinese, girato in Ticino, che in un paese immaginario trova una storia senza tempo. Quando l’appartenenza o il rifiuto della propria comunità ci impongono scelte d
Era il 7 febbraio 2002 quando il piccolo Luca Mongelli è stato ritrovato nudo, tumefatto e privo di sensi sulla neve di Veysonnaz. Oggi, per le conseguenze di quell’aggressione, è un adolescente cieco e in sedia a rotelle, ma con un curriculum da ottimo studente. Per le autorità vallesane, a ridurlo in quel modo era stato il cane di famiglia, che gli ha procurato lividi ma non ferite da morso, ed ha pure ripiegato i suoi vestiti sulla neve. Lui, in paese, era lo straniero bullizzato dai coetanei. Per Luca e suo fratello a picchiarlo erano stati tre ragazzi del posto. Oskar Freysinger, quando era consigliere nazionale Udc (vallesano), ha scritto un romanzo-denuncia su questa vicenda, per alcuni anni rimasto anonimo. A quel tragico caso di violenza, omertà e malagiustizia in salsa elvetica, si è ispirata Klaudia Reynicke per il suo ‘Il nido’, presentato ieri nel concorso Cineasti del Presente. Ma il richiamo alla realtà si ferma qui, non si indaga il caso giudiziario. La domanda alla base del film, come detto ieri dalla regista, è un’altra: se dei ragazzini si macchiano di una colpa così grave, e vengono coperti da un’intera comunità, che tipo di adulti diventeranno? E, aggiungiamo noi, quale morbo infetta quella stessa comunità perché tre bambini possano arrivare a tanto?
Paese qualunque, dramma universale
‘Il nido’ porta sullo schermo proprio il dramma del senso di appartenenza al proprio contesto sociale; o del suo rifiuto, attraverso cui passare per definire sé stessi e i propri valori, non barattabili con niente. Protagonista è infatti una ventenne, Cora, interpretata da una bra-
va Ondina Quadri. Girato in gran parte a Palagnedra e nelle Centovalli, con una puntata alla Madonna di Scarpapè, il film è una produzione ticinese di Amka Films di Tiziana Soudani, in collaborazione con la Rsi, l’italiana Tempesta e la Rai. E presenta un cast di tutto rispetto con, fra gli altri, Fabrizio Rongione, Luigi Diberti e Sonia Gessner. Svizzera di origini peruviane, trapiantata in Ticino, pur essendo in Concorso Klaudia Reynicke non ha goduto della stessa attenzione di altri ticinesi passati al Festival prima di lei; forse è troppo esotica, forse spende troppo tempo a cercare di lavorare bene piuttosto che a vendersi bene (anche alla recente assegnazione delle borse cantonali non le è toccato niente, pur essendo, a quanto abbiamo potuto vedere, quella che meglio ha capito come si scrive un film). Beninteso, ‘Il nido’ presenta tanti difetti tipici dei piccoli film – a tratti, soprattutto all’inizio, l’ambientazione e la storia appaiono poco credibili, le soluzioni di regia un po’ di fortuna, gli snodi narrativi forzati, i conflitti un po’ chiamati –, eppure rivela una forza di sguardo e una consapevolezza rare, che catturano l’attenzione e fanno sperare in ben altri risultati. La storia in breve: Cora ritorna nel suo paese fra le montagne, dove lavorerà con le comitive di pellegrini che regolarmente vengono a visitare il luogo dell’apparizione della Madonna. Di questo commercio godono anche sua nonna e suo padre, il sindaco. Il ritorno in paese di un uomo misterioso, “lo straniero”, fa però tornare a galla un caso di cronaca di alcuni decenni prima: l’aggressione di un bambino, attribuita a un cane. Quell’uomo sembra conoscere la verità e vuole finalmente affermarla. E anche Cora, parte integrante di quel mondo, dovrà fare una scelta, in un contesto in cui ipocrisia e amoralità sembrano perpetuarsi nel tempo, di generazione in generazione, cementando il patto fra paesani. La regista ha il merito di allontanarsi dalla cronaca e, seguendo i propri interrogativi, di trovare una tragedia universale.