Esiodo profeta del decadimento dei grandi Giri
“Non rinviare niente al domani né al dopodomani”, diceva già il poeta greco Esiodo sette secoli prima di Cristo. Questo visionario anticipava il flagello moderno della procrastinazione che, sorprendentemente, colpisce in pieno anche uno sport come il ciclismo. Le recenti gare in linea maschili e femminili ai Giochi di Rio sono state emozionanti, caratterizzate da attacchi, ribaltamenti, scatti e controscatti. Taluni ci vedono la conferma che il ciclismo praticato senza auricolari e soprattutto con formazioni di cinque corridori è la garanzia di uno spettacolo assicurato. Hanno ragione. Gli stessi padroni del Tour de France hanno recentemente lanciato l’idea di una riduzione del numero di corridori in ogni squadra, concetto che pare avere la benedizione del presidente dell’Uci Cookson. È ormai chiaro a tutti che le gare in linea, le classiche di un giorno, sono molto più avvincenti dei grandi giri che, con la nota eccezione del Giro 2016, sono diventati delle processioni tediose in cui la squadra del leader tira tutto il giorno e porta a spasso il gruppo, quindici minuti dietro una fuga in cui, in generale, compaiono sempre gli stessi nomi (un saluto a Sagan, Majka e De Gendt!). Nessuno dei favoriti osa scattare, prendere rischi (Quintana non ha neanche alzato il sedere dalla sella in una tappa di montagna per recuperare 16 secondi e finire secondo a Parigi!), provarci almeno una volta. Una forma di procrastinazione dello sforzo, perché appunto un domani c’è, e pure un dopodomani, e tutti la pensano allo stesso modo: “Non posso permettermi di perdere tutto oggi, perché domani si riparte…” Tentennamenti pusillanimi che tirano giù gli ascolti televisivi e provocano l’incredulità rabbiosa degli appassionati. Non solo, mettono a repentaglio la valenza economica di Giro, Tour e Vuelta, tre prove che, ufficialmente o no, sono in vendita e interessano altamente il fondo d’investimento Dalian Wanda Group del miliardario cinese Wang Jianlin che, a questo punto, potrà chiedere lo sconto. Le classiche, invece, prosperano. Lo scenario è sempre avvincente: partenza a mille, medie folgoranti, battaglie epiche sulle salite, alleanze strane in gara, finale al cardiopalma. Perché? Ebbene, scusate la lapalissiana evidenza: le gare di un giorno non hanno un domani. Tutto si gioca qui, tutto si gioca ora, non esiste l’“attaccherò sulle Alpi” o “il Giro è ancora lungo”. Non c’è l’improbabile classifica a squadre da difendere. No, nelle classiche, niente calcoli miserabili per conservare un settimo posto di cui nessuno si ricorderà, solo rimpianti per chi ne fa. Perché il tramonto si porta via la vittoria e il ciclismo trionfa.