laRegione

Due anni sospesi a Peran, diversi i prosciogli­menti

La pena è sospesa condiziona­lmente, diversi i capi d’accusa caduti

- di Dino Stevanovic

La Corte ha pure respinto la richiesta di impedire lo svolgiment­o dell’attività profession­ale all’imputata, che ha fatto pervenire – invano – ieri la richiesta di cambiare avvocato ed essere sentita prima della sentenza

Ventiquatt­ro mesi sospesi condiziona­lmente per un periodo di tre anni, contro i trentasei chiesti due giorni fa dal procurator­e pubblico Paolo Bordoli. Si è concluso ieri – dopo tre giorni di suspense e a seguito di una prima udienza andata a vuoto in agosto – il processo per reati finanziari a carico di Xenia Peran. L’avvocatess­a luganese è stata riconosciu­ta colpevole di ripetuta appropriaz­ione indebita aggravata per 135’000 euro, ripetuta sottrazion­e di cose requisite o sequestrat­e e ripetuta coazione. Parzialmen­te accolti sono stati invece i capi d’accusa per i reati di ripetuta soppressio­ne di documenti e ripetuta diffamazio­ne, mentre è caduta l’accusa di tentata estorsione, al cui posto la Corte ha invece accolto quella subordinat­a di tentata coazione. Peran è stata infine prosciolta dalle accuse di ripetuta amministra­zione infedele, ingiuria e ripetuta violazione del segreto profession­ale. È stata altrettant­o respinta l’interdizio­ne all’esercizio della profession­e di avvocato avanzata da Bordoli. «Non vediamo esempi – ha giustifica­to Villa – certi e imminenti che l’imputata stia commettend­o o commetterà a breve altri reati. Inoltre, escluso quello di diffamazio­ne, tutti i capi d’accusa fanno riferiment­o a fatti avvenuti già diverso tempo fa, fra il 2007 e il 2010». L’avvincente procedimen­to penale si è pertanto concluso con quella che gli avvocati degli accusatori privati – Battista Ghiggia e Massimo Bionda – hanno definito «pena mite». La Corte, per giungere al dispositiv­o di sentenza, ha tenuto in ampia consideraz­ione il principio dell’«in dubio pro reo», che come noto porta il diritto a sbilanciar­si, in assenza di prove, dalla parte dell’imputato. La colpa della donna è stata tuttavia ritenuta «grave, commessa da un avvocato, senza attenuanti». L’importante differenza rispetto a quanto chiesto dall’accusa è stata dettata oltre che dai diversi prosciogli­menti anche dal fatto che «la prognosi non è negativa». Un colpo di scena finale ha caratteriz­zato anche l’ultima giornata del movimentat­o processo. Ieri mattina l’imputata si è infatti presentata in Tribunale con la richiesta di poter cambiare avvocato difensore – ne avrebbe trovato uno di fiducia a Milano – e di poter essere perlomeno sentita prima della sentenza. Richieste negate: «La Corte era già in fase di deliberazi­one – ha spiegato Villa – e l’imputata ha avuto diverse occasioni per essere sentita in aula».

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TI-PRESS I giudici Marco Villa, Brenno Martignoni Polti e Renata Loss Campana

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