Due anni sospesi a Peran, diversi i proscioglimenti
La pena è sospesa condizionalmente, diversi i capi d’accusa caduti
La Corte ha pure respinto la richiesta di impedire lo svolgimento dell’attività professionale all’imputata, che ha fatto pervenire – invano – ieri la richiesta di cambiare avvocato ed essere sentita prima della sentenza
Ventiquattro mesi sospesi condizionalmente per un periodo di tre anni, contro i trentasei chiesti due giorni fa dal procuratore pubblico Paolo Bordoli. Si è concluso ieri – dopo tre giorni di suspense e a seguito di una prima udienza andata a vuoto in agosto – il processo per reati finanziari a carico di Xenia Peran. L’avvocatessa luganese è stata riconosciuta colpevole di ripetuta appropriazione indebita aggravata per 135’000 euro, ripetuta sottrazione di cose requisite o sequestrate e ripetuta coazione. Parzialmente accolti sono stati invece i capi d’accusa per i reati di ripetuta soppressione di documenti e ripetuta diffamazione, mentre è caduta l’accusa di tentata estorsione, al cui posto la Corte ha invece accolto quella subordinata di tentata coazione. Peran è stata infine prosciolta dalle accuse di ripetuta amministrazione infedele, ingiuria e ripetuta violazione del segreto professionale. È stata altrettanto respinta l’interdizione all’esercizio della professione di avvocato avanzata da Bordoli. «Non vediamo esempi – ha giustificato Villa – certi e imminenti che l’imputata stia commettendo o commetterà a breve altri reati. Inoltre, escluso quello di diffamazione, tutti i capi d’accusa fanno riferimento a fatti avvenuti già diverso tempo fa, fra il 2007 e il 2010». L’avvincente procedimento penale si è pertanto concluso con quella che gli avvocati degli accusatori privati – Battista Ghiggia e Massimo Bionda – hanno definito «pena mite». La Corte, per giungere al dispositivo di sentenza, ha tenuto in ampia considerazione il principio dell’«in dubio pro reo», che come noto porta il diritto a sbilanciarsi, in assenza di prove, dalla parte dell’imputato. La colpa della donna è stata tuttavia ritenuta «grave, commessa da un avvocato, senza attenuanti». L’importante differenza rispetto a quanto chiesto dall’accusa è stata dettata oltre che dai diversi proscioglimenti anche dal fatto che «la prognosi non è negativa». Un colpo di scena finale ha caratterizzato anche l’ultima giornata del movimentato processo. Ieri mattina l’imputata si è infatti presentata in Tribunale con la richiesta di poter cambiare avvocato difensore – ne avrebbe trovato uno di fiducia a Milano – e di poter essere perlomeno sentita prima della sentenza. Richieste negate: «La Corte era già in fase di deliberazione – ha spiegato Villa – e l’imputata ha avuto diverse occasioni per essere sentita in aula».