‘Così si vigila su Usi e Supsi’
Il governo approva la pianificazione universitaria e (ri)boccia ‘l’inutile’ commissione di controllo Via libera al documento che regola pure i mandati di prestazione. La commissione parlamentare di vigilanza? Tutti concordi: un doppione pericoloso.
Il parlamento desidera dire la sua sull’Usi e sulla Supsi? Ridiscutere magari qualche contratto di prestazione? Desidera, per dirla altrimenti, tenere al guinzaglio gli atenei nei quali il Cantone investe poco più di novanta milioni l’anno? Si accomodi. Il Consiglio di Stato ha infatti dato il via libera al messaggio sulla “Politica universitaria cantonale 20172020”: un documento pianificatorio di 34 pagine più allegati che regola i rapporti tra alte scuole e Palazzo e che andrà votato dal Gran Consiglio. Gran Consiglio che, scrive però a chiare lettere il governo in un secondo messaggio, è invitato a rinunciare alla creazione di una commissione parlamentare di controllo del mandato pubblico di Usi e Supsi. Sarebbe, ha ribadito ieri in una conferenza stampa il capo del Dipartimento dell’educazione (Decs) Manuele Bertoli, «un inutile doppione». Inutile e «pericoloso» poiché, tra le altre cose, metterebbe in discussione «il grado di autonomia» degli istituti. Specie se si condizionerà «la nomina dei professori». «Faremmo – ha avvertito Bertoli – dei passi indietro, entrando in una logica involutiva». E a proposito di passi indietro, l’idea di una commissione di controllo nasce nel febbraio del 2013 da un’iniziativa dell’allora granconsigliere leghista Attilio Bignasca. Mese dopo mese la proposta prende piede e, malgrado il preavviso negativo del Consiglio di Stato, nel marzo del 2016 viene votata a larga maggioranza in Gran Consiglio da Lega, Ppd e parte del Plr. Dato che il parlamento è sovrano, il governo ha presentato ieri il messaggio che allo stesso tempo ‘applica’ e cassa l’iniziativa di Bignasca. «Un atto dovuto», ha precisato il capo del Decs. Malgrado si proponga una commissione simile – ma non uguale – a quella che vigilia sull’Aet, al capitolo conclusioni si sottolinea infatti – nel vero senso della parola – che il Consiglio di Stato invita il Gran Consiglio “a non approvare il Disegno di legge allegato”. «Una posizione – ha aggiunto Bertoli – condivisa da tutti» i ministri.
‘Attenti all’autonomia’
Ma perché il Consiglio di Stato dice di no? Innanzitutto perché, ha spiegato ieri il capo del Decs, «il mandato pubblico di Usi e Supsi lo si definisce con il messaggio che avete fra le mani», quello sulla pianificazione universitaria che sarà approfondito, dibattuto ed eventualmente modificato prima dalla Commissione scolastica del Gran Consiglio e poi dall’intero plenum. Un’ulteriore commissione parlamentare ad hoc risulterebbe quindi “un doppione rispetto all’impostazione attuale del controllo parlamentare sull’attività degli enti universitari, un doppione da evitare”. E poi «il profilo dei due istituti è totalmente diverso» rispetto, per esempio, a quello di bancastato o Aet. Diverso soprattutto al capitolo libertà e autonomia, valori che devono caratterizzare la scelta del personale accademico, le collaborazioni accademiche e le ricerche che si intende intraprendere. “Una rimessa in discussione anche parziale” dei due principi, avverte l’esecutivo, potrebbe “porre dei problemi agli istituti universitari nel processo di accreditamento istituzionale”. Le conseguenze? Gravi. «In vent’anni di attività – ha rilevato a tal proposito il direttore generale della Supsi Franco Gervasoni – ho apprezzato l’autonomia che ci è stata garantita». Ora la maggioranza dei granconsiglieri – «che non penso siano a conoscenza dei guinzagli che già ci sono» – vuole essere in prima linea a controllare. «Non ci saranno problemi nel fornire i dati», per altro analizzati regolarmente dal Cantone. Se però si pianteranno i paletti che metteranno a rischio la crescita dell’istituto, ha avvertito Gervasoni, «reagiremo sicuramente». «C’è già un guinzaglio», ha confermato il rettore dell’Usi Boas
Erez. Con la commissione «si tratterebbe di raddoppiarlo. Ma non ho mai visto nessuno che porta a spasso il cane con due guinzagli». E poi vent’anni fa con l’Università della Svizzera italiana, ha aggiunto Erez, «il Ticino si è fatto un regalo». Sarebbe peccato, oltre che scortese, rifiutarlo dopo tanto tempo.