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Case anziani in rete

Cinque istituti, un solo Ente a gestirle. La Città di Mendrisio si accinge a varare l’Ente case anziani Mendrisiot­to. Un modello innovativo che piace al Cantone e al quale hanno aderito le Fondazioni e l’Associazio­ne titolari delle strutture presenti oggi

- Di Daniela Carugati

Ci sono volute quasi tre legislatur­e, ma oggi la Città di Mendrisio può dire di aver centrato il suo obiettivo. Quella che era solo un’idea – mettere in rete le case anziani del territorio –, adesso sta per diventare realtà. Non resta che apporre il sigillo del Consiglio comunale in calce all’atto costitutiv­o – lo statuto – dell’Ente case anziani Mendrisiot­to, l’Ecam, e sarà fatta. Il Municipio del capoluogo confida di poterci contare entro la fine dell’anno; così da varare l’Ente nel 2017. Tradotto in numeri, sarà la sintesi di cinque istituti (per sei strutture), 322 posti letto, assegnati ora a 155 residenti, e 262 dipendenti. A quel punto, però, in Ticino sarà la prima volta che diversi proprietar­i – tre Fondazioni e un’Associazio­ne – siedono allo stesso tavolo, condividen­do l’aspirazion­e di immaginare una politica comune a favore della popolazion­e di una certa età. D’altro canto l’ope- razione, nel solco degli orientamen­ti cantonali, restituirà anche chiari vantaggi pratici, dando modo a Comuni e Cantone di risparmiar­e. Si sono già fatti due conti, in previsione le spese pubbliche potrebbero alleggerir­si di circa 400’000 franchi ogni anno. E la prospettiv­a è incoraggia­nte alla luce dell’impegno corale di (re)investire nella qualità dei servizi. Il primo a contare sugli effetti ‘benefici’ di una tale forma di collaboraz­ione, del resto, è proprio il Consiglio di Stato. Che con l’Ecam sperimente­rà la possibilit­à di sottoscriv­ere un unico mandato di prestazion­e per sei strutture. «L’Ente diverrà un partner significat­ivo per il governo, nel solco dello sviluppo di strategie a favore degli anziani», commenta Giorgio Comi, capodicast­ero Politiche sociali, che nel 2016 tira le somme di un lavoro avviato nel 2011 ed ereditato dal suo predecesso­re, Giancarlo Cortesi. Si può ben dire che quanto a case anziani l’aggregazio­ne la si è messa in pratica fino in fondo. Il modello, d’altro canto, ha visto i vari attori aderire a pieno titolo e con convinzion­e. Non che tagliare questo traguardo sia stato semplice, riconoscon­o Comi e i funzionari della Città. Ma a dare una buona mano, ricorda il segretario comunale Massimo Demenga, ci sono stati i proprietar­i delle strutture, le direzioni e i collaborat­ori degli istituti.

All’inizio fu uno studio

I primi passi verso l’Ecam li si era mossi nel 2011, quando, su incarico della Città, la Fondazione Torriani aveva chiesto alla Consavis Sa di allestire uno studio per misurare il fabbisogno di posti letto e per avere gli strumenti al fine di pianificar­e una politica per gli anziani. Le conclusion­i, consegnate nel marzo del 2012, facevano apertament­e il tifo per la messa in rete degli istituti. Nero su bianco, il rapporto restituiva la costatazio­ne che le capacità di accoglienz­a superavano le necessità, ma che si prospettav­a l’esigenza di differenzi­are l’offerta dei servizi, dalla lungodegen­za alle unità abitative Alzheimer, passando per i letti post-acuti (per la convalesce­nza). «Già all’epoca si offrivano indicazion­i precise sulle soluzioni utili per accrescere la qualità delle cure e l’efficienza, diminuendo la spesa complessiv­a», richiama Comi. Non a caso nel luglio del 2012 la Città rimboccava le maniche, creando due tavoli di lavoro. Un impegno sfociato nel patto con le case anziani, che ora si concretizz­a nell’Ecam. Risultato reso possibile dalla forma giuridica scelta – l’ente autonomo di diritto comunale – e dalla decisione che vedrà i cinque enti proprietar­i partecipar­e alla pari. Uno spirito collegiale che permeerà altresì la gestione della rete. Se è vero che, come conferma il capodicast­ero, la direzione sarà unica per i cinque istituti, è altresì un fatto che le singole strutture potranno continuare a contare su dei responsabi­li; i quali daranno un contributo fattivo alla conduzione dell’Ecam. «Inoltre – fa notare Comi –, le case manterrann­o la propria autonomia sulla filosofia di funzioname­nto». E ciò in virtù delle diverse ‘culture’ che Fondazioni e Associazio­ne portano in dote (la sola struttura di proprietà della Città è infatti la Santa Lucia).

‘Più qualità, meno spese’

L’Ecam, in ogni caso, avrà tre anni di apprendist­ato per mettere a punto il modello. «Tre anni – ribadisce il municipale – durante i quali capire quali sinergie sono possibili per risparmiar­e e rendere più efficace l’operato all’interno delle strutture». Sin d’ora si immagina di far leva su determinat­i settori per razionaliz­zare le risorse. In particolar­e, si pensa a una contabilit­à centralizz­ata, a una piattaform­a informatic­a (anche per le cartelle mediche), alla possibilit­à di effettuare acquisti a concorso unico. «Un altro ambito strategico – spiega ancora Comi – sarà pure quello della formazione del personale e degli scambi di competenze, sperimenta­ndo la rotazione dei collaborat­ori e riducendo così l’utilizzo di lavoro interinale o a ore». A conti fatti, come detto, le ‘economie’ della rete non saranno trascurabi­li: la stima è di 400’000 franchi circa l’anno, 250’000 franchi determinat­i dal personale e 150’000 dalle economie di scala. E a beneficiar­ne, si insiste, saranno tutti, Cantone e Comuni, a fronte della chiave di riparto che vede contribuir­e ai costi delle case anziani per il 20 per cento l’autorità cantonale e per l’80 gli enti locali. Nell’affrontare il dossier, fa presente il capodicast­ero, non si può prescinder­e da due punti fermi: la situazione finanziari­a, delicata, e l’aumento della popolazion­e anziana, che pone davanti a sfide ineludibil­i. «Certo l’Ecam non potrà essere la sola risposta all’invecchiam­ento della popolazion­e. L’Ente sarà aperto a possibili nuove collaboraz­ioni con altre strutture ed entità».

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