Case anziani in rete
Cinque istituti, un solo Ente a gestirle. La Città di Mendrisio si accinge a varare l’Ente case anziani Mendrisiotto. Un modello innovativo che piace al Cantone e al quale hanno aderito le Fondazioni e l’Associazione titolari delle strutture presenti oggi
Ci sono volute quasi tre legislature, ma oggi la Città di Mendrisio può dire di aver centrato il suo obiettivo. Quella che era solo un’idea – mettere in rete le case anziani del territorio –, adesso sta per diventare realtà. Non resta che apporre il sigillo del Consiglio comunale in calce all’atto costitutivo – lo statuto – dell’Ente case anziani Mendrisiotto, l’Ecam, e sarà fatta. Il Municipio del capoluogo confida di poterci contare entro la fine dell’anno; così da varare l’Ente nel 2017. Tradotto in numeri, sarà la sintesi di cinque istituti (per sei strutture), 322 posti letto, assegnati ora a 155 residenti, e 262 dipendenti. A quel punto, però, in Ticino sarà la prima volta che diversi proprietari – tre Fondazioni e un’Associazione – siedono allo stesso tavolo, condividendo l’aspirazione di immaginare una politica comune a favore della popolazione di una certa età. D’altro canto l’ope- razione, nel solco degli orientamenti cantonali, restituirà anche chiari vantaggi pratici, dando modo a Comuni e Cantone di risparmiare. Si sono già fatti due conti, in previsione le spese pubbliche potrebbero alleggerirsi di circa 400’000 franchi ogni anno. E la prospettiva è incoraggiante alla luce dell’impegno corale di (re)investire nella qualità dei servizi. Il primo a contare sugli effetti ‘benefici’ di una tale forma di collaborazione, del resto, è proprio il Consiglio di Stato. Che con l’Ecam sperimenterà la possibilità di sottoscrivere un unico mandato di prestazione per sei strutture. «L’Ente diverrà un partner significativo per il governo, nel solco dello sviluppo di strategie a favore degli anziani», commenta Giorgio Comi, capodicastero Politiche sociali, che nel 2016 tira le somme di un lavoro avviato nel 2011 ed ereditato dal suo predecessore, Giancarlo Cortesi. Si può ben dire che quanto a case anziani l’aggregazione la si è messa in pratica fino in fondo. Il modello, d’altro canto, ha visto i vari attori aderire a pieno titolo e con convinzione. Non che tagliare questo traguardo sia stato semplice, riconoscono Comi e i funzionari della Città. Ma a dare una buona mano, ricorda il segretario comunale Massimo Demenga, ci sono stati i proprietari delle strutture, le direzioni e i collaboratori degli istituti.
All’inizio fu uno studio
I primi passi verso l’Ecam li si era mossi nel 2011, quando, su incarico della Città, la Fondazione Torriani aveva chiesto alla Consavis Sa di allestire uno studio per misurare il fabbisogno di posti letto e per avere gli strumenti al fine di pianificare una politica per gli anziani. Le conclusioni, consegnate nel marzo del 2012, facevano apertamente il tifo per la messa in rete degli istituti. Nero su bianco, il rapporto restituiva la costatazione che le capacità di accoglienza superavano le necessità, ma che si prospettava l’esigenza di differenziare l’offerta dei servizi, dalla lungodegenza alle unità abitative Alzheimer, passando per i letti post-acuti (per la convalescenza). «Già all’epoca si offrivano indicazioni precise sulle soluzioni utili per accrescere la qualità delle cure e l’efficienza, diminuendo la spesa complessiva», richiama Comi. Non a caso nel luglio del 2012 la Città rimboccava le maniche, creando due tavoli di lavoro. Un impegno sfociato nel patto con le case anziani, che ora si concretizza nell’Ecam. Risultato reso possibile dalla forma giuridica scelta – l’ente autonomo di diritto comunale – e dalla decisione che vedrà i cinque enti proprietari partecipare alla pari. Uno spirito collegiale che permeerà altresì la gestione della rete. Se è vero che, come conferma il capodicastero, la direzione sarà unica per i cinque istituti, è altresì un fatto che le singole strutture potranno continuare a contare su dei responsabili; i quali daranno un contributo fattivo alla conduzione dell’Ecam. «Inoltre – fa notare Comi –, le case manterranno la propria autonomia sulla filosofia di funzionamento». E ciò in virtù delle diverse ‘culture’ che Fondazioni e Associazione portano in dote (la sola struttura di proprietà della Città è infatti la Santa Lucia).
‘Più qualità, meno spese’
L’Ecam, in ogni caso, avrà tre anni di apprendistato per mettere a punto il modello. «Tre anni – ribadisce il municipale – durante i quali capire quali sinergie sono possibili per risparmiare e rendere più efficace l’operato all’interno delle strutture». Sin d’ora si immagina di far leva su determinati settori per razionalizzare le risorse. In particolare, si pensa a una contabilità centralizzata, a una piattaforma informatica (anche per le cartelle mediche), alla possibilità di effettuare acquisti a concorso unico. «Un altro ambito strategico – spiega ancora Comi – sarà pure quello della formazione del personale e degli scambi di competenze, sperimentando la rotazione dei collaboratori e riducendo così l’utilizzo di lavoro interinale o a ore». A conti fatti, come detto, le ‘economie’ della rete non saranno trascurabili: la stima è di 400’000 franchi circa l’anno, 250’000 franchi determinati dal personale e 150’000 dalle economie di scala. E a beneficiarne, si insiste, saranno tutti, Cantone e Comuni, a fronte della chiave di riparto che vede contribuire ai costi delle case anziani per il 20 per cento l’autorità cantonale e per l’80 gli enti locali. Nell’affrontare il dossier, fa presente il capodicastero, non si può prescindere da due punti fermi: la situazione finanziaria, delicata, e l’aumento della popolazione anziana, che pone davanti a sfide ineludibili. «Certo l’Ecam non potrà essere la sola risposta all’invecchiamento della popolazione. L’Ente sarà aperto a possibili nuove collaborazioni con altre strutture ed entità».