Klose, quello di ‘serie B’
Il 28enne centrale retrocesso con il Norwich rilancia le proprie ambizioni, partendo proprio da un pregiudizio
È il principale indiziato alla sostituzione di Johan Djourou (squalificato) al centro della difesa rossocrociata, a fianco di Fabian Schär. Timm Klose aspetta che sia nuovamente il suo turno, lui che venne escluso dalla rosa che Petkovic portò agli Europei in quanto considerato non completamente ristabilito da un infortunio occorsogli in campionato. A proposito di Inghilterra, il 28enne difensore centrale ha assorbito bene il contraccolpo della retrocessione in seconda divisione del suo Norwich. In estate sembrava che fosse a un passo dal trasferimento, che però non si è concretizzato. «Ho avuto un colloquio franco con Petkovic – spiega Klose – nel quale è emerso che il mio futuro in Nazionale a determinate condizioni e giocando in seconda divisone, avrebbe potuto essere in pericolo. Compresi bene la posizione del ct. Nel mio ruolo ci sono diverse valide alternative. È ovvio che qualche domanda me la sono posta. Ho però deciso di rimanere, cercando di volgere la situazione a mio favore. Non ho nessuna intenzione di abdicare in Nazionale, voglio semmai difendere il mio posto. Inoltre mi è parso subito chiaro che anche cambiando squadra sarebbe stato difficile ripropormi quale valida alternativa anche per Petkovic. Tanto valeva restare dove sono per giocarmi le mia carte. Offerte ne ho ricevute. Tra queste, una interessante del West Bromwich neopromosso, che però il mio club ha rispedito al mittente. La società con il mercato che ha fatto ha palesato l’intenzione di risalire immediatamente in Premier. La gran parte dei giocatori chiave sono stati confermati, la squadra non ha perso sostanza. Ogni club retrocesso beneficia di 90 milioni di sterline, ciò che ovviamente influenza non poco il futuro. È un paracadute niente male». Non teme l’etichetta di giocatore di “serie B”? «Non nego che la caduta in Championship sia stata spiacevole. Ho dovuto rivedere un po’ tutto. Ma al Norwich godo di grande considerazione. Vengo impiegato regolarmente e agli occhi dei responsabili della mia società vengo considerato uno da Premier League». Quali ricordi ha del Wolfsburg?
«È stato un capitolo al contempo positivo e negativo. Sul piano tecnico e personale ho fatto progressi, lì. Ho vinto la Coppa, ero parte della squadra che giunse seconda In Bundesliga. Tuttavia quei lunghi momenti senza mai essere impiegato sono stati logoranti, nonché deprimenti».
‘In campo per le emozioni’
Si può dire che la stagione che ha preceduto i Mondiali in Brasile – altra occasione persa – sia stata la più difficile? «Ho fatto i conti con una realtà molto dura. Non mi si venga a raccontare che si
sta bene, venendo sempre esclusi. Si porta a casa lo stipendio, e sono tanti soldi, ma alla fine della giornata è impossibile essere felici. Nessuno si allena duramente solo per fare da spettatore ai compagni. Questa frustrazione, poi, la si trascina anche fuori dal campo. Si diventa nervosi, si sbaglia, ed è un vortice che ti travolge. Credo di essermi spiegato». A Norwich ha saputo imporsi. «Sul piano generale funziona tutto a dovere. Qui do sfogo alla mia passione, in campo non scendo tanto per guadagnarmi da vivere, bensì soprattutto per le emozioni che il calcio suscita in me. E
aggiungo che è una bella scuola di vita. Il perfezionista di stampo elvetico che sono si scontra quotidianamente con piccole sfide tipiche della vita nell’Est dell’Inghilterra. Quando ho traslocato, ho trovato una situazione disagevole: la casa era in pessime condizioni, in giro c’era ancora la roba dell’ex inquilino, dal tappeto uscivano i ragni. Capita che la donna delle pulizie debba arrivare, ma non si fa vedere. Il locatore deve dare il suo assenso, l’agenzia fa da tramite. Insomma, è tutto piuttosto complicato. Un piccolo shock culturale, ma tutto sommato appassionante. Alla fine mi piacciono, gli inglesi». Cosa le piace del calcio inglese, una volta fuori dal campo? «Mi ha impressionato positivamente la reazione avuta dai tifosi al risultato negativo della passata stagione. Non hanno contestato. Al contrario, si sono alzati e hanno applaudito la squadra, nel momento in cui la retrocessione era certa. Sono rimasto colpito: nessun fischio, nessuna critica, solo tanti applausi e un messaggio: “Nessun problema, riuscirete senz’altro a tornare in Premier, avete il nostro appoggio”. Non è usuale nel calcio professionistico».