Un doppio voto sul nucleare
Il popolo sarà chiamato a esprimersi una prima volta in novembre sull’iniziativa che vuole lo spegnimento delle centrali entro il 2029
Il popolo dovrà votare due volte sull’uscita dal nucleare. L’Udc ha infatti lanciato il referendum contro la Strategia energetica 2050. A novembre si vota invece sull’iniziativa ecologista.
Berna – Un comitato interpartitico capeggiato dall’Udc lancia il referendum contro la Strategia energetica 2050. I promotori criticano soprattutto i costi della svolta energetica. Il comitato referendario denuncia un modello di economia pianificata che risulterà salatissimo per le Piccole e medie imprese (Pmi) e per i cittadini comuni e che non garantirà un approvvigionamento stabile di energia ed elettricità. Stando ai calcoli basati su documenti ufficiali, la fattura ammonterà a circa 3’200 franchi supplementari all’anno per una famiglia di quattro persone e a 200 miliardi in totale entro il 2050 per consumatori e contribuenti. Nella campagna contro la legge approvata durante la sessione autunnale delle Camere, l’Udc è affiancata da alcuni politici di altri partiti, tra cui il consigliere nazionale liberale radicale Benoît Genecand (Ge) e l’ex consigliere nazionale Ppd Arthur Loepfe (Ai), nonché da rappresentati di alcune associazioni e organizzazioni economiche. Ufficialmente il Plr non sostiene il referendum, ma la sezione dei giovani sì, ha indicato il radicale ginevrino, mentre sul fronte del Ppd Loepfe ha precisato di impegnarsi a puro titolo personale. Venerdì scorso, al termine della sessione delle Camere, tredici dei 33 consiglieri nazionali radicali hanno votato contro la strategia energetica. Il Plr, a suo tempo, aveva sostenuto la necessità di tenere aperta la porta al nucleare qualora gli sviluppi tecnologici dovessero fornire garanzie di sicurezza sufficienti. Negli scorsi giorni il comitato dell’Udc si era pronunciato a favore del referendum a patto di avere l’appoggio dell’economia.
Blocher: ‘Vinceremo’
Malgrado la Federazione delle imprese svizzere (Economiesuisse) avesse già messo in chiaro da tempo che non avrebbe sostenuto questa battaglia e questa settimana anche il comitato direttivo dell’Unione svizzera delle arti e mestieri (Usam) abbia optato per questa linea, il partito è riuscito a trovare appoggio presso diverse altre organizzazioni. Tra di esse figurano l’Associazione svizzera dei trasportatori stradali (Astag), l’Unione degli importatori di automobili (Auto Suisse), la Federazione degli albergatori e esercenti (GastroSuisse), l’Associazione che riunisce l’industria metalmeccanica (Swissmem), la Federazione svizzera dell’industria delle materie plastiche (Swiss Plastics) e l’Associazione nazionale dei commercianti di combustibili (Swissoil). «Abbiamo
Fronti divisi sul futuro delle centrali
contatti con un centinaio di aziende», ha rilevato il presidente dell’Udc Albert Rösti, sottolineando come tra le Pmi lo scontento sia più o meno generalizzato. Per l’ex consigliere federale Christoph Blocher si sta per commettere un «peccato mortale»: la strategia mira a passare da un mercato ben funzionante a un’economia pianificata degna dell’Unione sovietica. Il leader dell’Udc ha sottolineato come nel corso dei dibattiti parlamentari numerosi gruppi di interesse siano stati “comprati” mediante la concessione di sovvenzioni all’energia idraulica e ai piccoli produttori e con sgravi fiscali ai proprietari immobiliari e ai grandi gruppi industriali.