‘L’anima del segno’ apre la stagione di Villa dei Cedri
Apre oggi al Museo di Villa dei Cedri ‘L’anima del segno’, una mostra per tre artisti
Hans Hartung, Massimo Cavalli e Guido Strazza: un dialogo a tre al cuore della poetica informale, uno sguardo vivo sul secondo Novecento
L’uno 86 anni, l’altro 94, splendidamente portati. Percorrendo le sale di Villa dei Cedri, sono i primi a sorprendersi della somiglianza di alcuni rispettivi lavori. Giunti al piano di sopra, Massimo Cavalli indica a Guido Strazza uno dei suoi lavori: «Incredibile, questo potrei averlo fatto io». Ma i due artisti, il ticinese (Cavalli) e l’italiano (Strazza), in tutta la loro vita si sono forse incontrati un paio di volte, casualmente, senza sapere niente delle rispettive ricerche. Di certo non all’epoca di molti loro lavori esposti nel Museo di Bellinzona. Infatti, da oggi al 29 gennaio, con la mostra ‘L’anima del segno. Hartung / Cavalli / Strazza’, curata da Carole Haensler Huguet, Cavalli e Strazza vengono coinvolti in un interessante dialogo a tre con Hans Hartung (1904-1989). Un discreto gioco di specchi – che a tratti produce riflessi evidenti, a tratti meno – ispirato alla direttrice del Museo di Villa dei Cedri dal comune percorso dei tre artisti fra pittura, disegno e incisione; da una analoga esigenza di ricerca attorno alla purezza del gesto artistico; dal fatto di essere tutti e tre partecipi di un certo modo di sentire e di guardare nel perimetro (ampio) dell’arte informale. Come spiegato ieri dalla curatrice e da Roberto Malacrida, responsabile del Dicastero cultura, sono diverse le intenzioni alla base di questo progetto. La prima è quella di valorizzare i fondi monografici di Villa dei Cedri (e in particolare l’opera su carta, il suo tratto distintivo), fra cui quello di Cavalli è stato il primo. Poi, come scrive lo stesso Malacrida nel catalogo dell’esposizione, c’è la volontà di “proporre sguardi nuovi sulla produzione artistica del ventesimo secolo”. Nella fattispecie, come per altro rivelano le biografie dei tre artisti esposti, sviluppando un dialogo fra Nord e Sud che Haensler Huguet definisce «quanto mai importante per il Ticino». In tutto questo c’è infine il «ruolo didattico» del Museo; da un lato il suo sguardo sul linguaggio astratto dell’arte nel ventesimo secolo, dall’altro la sua volontà di avvicinare il pubblico al «processo creativo», anche con laboratori e atelier rivolti ai più giovani e con altre iniziative di me- diazione culturale (si inizia con una visita guidata domani, domenica, alle 14.30).
Un segno per tre
È di fronte a opere come i ‘Ritmi circolari’ di Cavalli oppure alcuni ‘Segni e trame’ o ‘Gesti e segni’ di Strazza che si ha viva, immediata, la percezione di un’arte che sa rivelarsi “caos organizzato”, dal cui cuore prorompe quello “spirito dei tempi” che magari avvicina l’esperienza di artisti lontani e sconosciuti. Nel caso di questa mostra, nel solco aperto da personaggi come Hartung, lo spirito è quello di chi, vista tramontare la stagione tumultuosa delle avanguardie storiche della prima metà del ’900, “(ri)propone le questioni fondamentali del segno, della materia e del senso dell’arte”. Così scrive Carole Haensler Huguet, aggiungendo che in questo contesto, a partire dagli anni cinquanta, Hartung, Cavalli e Strazza si impongono come “degli autentici rivoluzionari, in particolare perché, contrariamente ai loro pari, si muovono per sottrazione piuttosto che per aggiunzione di materia, procedendo verso l’origine del segno, e, lungi dall’adottare un espressionismo sfrenato, si caratterizzano attraverso una spontaneità misurata, controllata”. Certo, tutti e tre questi artisti incarnano uno sguardo sull’atto creativo capace di sottrarsi alla logica della distruzione, instaurando al contrario dialoghi proficui con il passato, pur dentro una pratica quanto mai novecentesca. E per tutti e tre, come scrive la curatrice, “si tratta soprattutto di indagare i fondamenti della pittura, il segno, il gesto che lo traccia, la luce”. In alcuni casi, come notato dagli stessi Cavalli e Strazza, i punti di contatto spiccano in modo significativo, come in quei tratti verticali che feriscono lo spazio; segni, gesti, tensioni, riflessioni, fili d’erba. Eppure, a un primo sguardo, se da un lato il tragitto di Hartung sembra restare un po’ più discosto, dall’altro anche quelli di Cavalli e Strazza non sempre danno l’impressione di dialogare in modo davvero evidente. Oppure, nell’alveo dell’arte informale, questi dialoghi potrebbero coinvolgere molti altri artisti. Ma sono impressioni date da una mostra densa di spunti e suggestioni, in cui già l’incontro con alcuni lavori di un maestro come Guido Strazza è di per sé un regalo. Per informazioni: villacedri.ch.