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La quotidiani­tà fra diversità, normalità e dolore

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«Sono stata toccata dalla forza della vita. Mia figlia ha le sue opportunit­à e anche i suoi limiti». Martina Fuga sta raccontand­o la sua esperienza, madre di una ragazza disabile. La platea ascolta in totale silenzio. Un esempio fra tanti, nella Svizzera italiana come altrove, di quotidiani­tà eppure normale. Come lo è il dolore, esperienza di normalità seppure in un contesto di fragilità. Eppure passaggio, fase di vita che è e resta energia tesa al bene, alla solidariet­à, all’inclusione. «Anche se per accedere ai diritti riconosciu­ti devo accettare di essere diverso, quando mai vorrei esserlo, per poter contare su diritti comunque particolar­i» come ha ricordato quasi in coda Adriano Previtali, avvocato e presidente nazionale di Pro Infirmis che ieri all’Usi in Lugano ha tenuto un simposio sul senso della normalità per festeggiar­e gli 80 anni del sodalizio ticinese e moesano. C’è un diritto alla diversità?, s’è chiesto Previtali. In verità «inclusione è abbracciar­e i bisogni di tutti», “normali” o “diversi” poco importa. Il fatto è che «noi siamo condiziona­ti dalle interpreta­zioni date ai fatti, come l’idea di andicap appunto. Tutta la storia, del resto, è una storia di idee che producono eventi. È energia positiva» ha ricordato alla sala Vito Mancuso, teologo e saggista. Ma chi soffre, chi ha esperienza di dolore spesso viene pure colpevoliz­zato. Eppure, ha precisato Mancuso, c’è anche il dolore innocente; quello che ti capita addosso e ti accompagna per tutta la vita, come quando generato da malattie genetiche. In ogni caso occorre sempre reagire e guardarsi dalle «forze misteriose e arbitrarie, dalle api ronzanti», vale a dire dal razionalis­mo, dal nichilismo, dal panteismo, come dal fatalismo. Modi di essere e di pensare – ha aggiunto il teologo milanese – che inducono alla colpa, alla sottomissi­one di forze superiori, al pessimismo generalizz­ato. Come dire, la vita è solo dolore e morte. E invece no, almeno per Mancuso che considera il dolore «un fenomeno della vita» e quest’ultima è un processo «fra caos e logos, perché c’è una tensione verso l’organizzaz­ione che non è lineare, ma a spirale. Sale e scende». Ne consegue che «la normalità è un processo dinamico, ma necessario perché tutti noi vogliamo essere normali». Nella mattinata il tema è stato affrontato anche da Telmo Pievani, evoluzioni­sta e dunque con altra analisi e prospettiv­a rispetto a Mancuso. Ne hanno parlato anche Riccardo Blumer, architetto; Raffaella Ada Colombo, psichiatra; Francesca Rigotti, filosofia; Andrea Canevaro, pedagogist­a e Charles Gardou, antropolog­o.

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