Mondo imprenditoriale disunito. Economiesuisse e Usam si chiamano fuori
Berna - Il popolo svizzero dovrà con ogni probabilità votare due volte sui temi legati all’approvvigionamento energetico. Già il prossimo 27 novembre sarà messa in votazione l’iniziativa popolare ‘Per una uscita pianificata dal nucleare’, che aveva raccolto 125mila firme, la quale domanda, in buona sostanza, che tutte le centrali nucleari oggi attive in Svizzera siano spente entro e non oltre il 2029. È più moderato il progetto del Consiglio federale approvato dalle Camere le quali ne hanno ulteriormente ridotto la portata. Esso lascia infatti un margine di flessibilità in merito alla chiusura delle centrali atomiche. La Strategia energetica 2050 prevede, a sua volta, una serie di misure e soprattutto di sostegni a favore di un maggiore sfruttamento delle energie rinnovabili e di quelle indigene accanto a un rafforzamento della politica di risparmio. Il dibattito è aperto ed è destinato a diventare ancora più acceso dopo l’annuncio dell’Udc di lanciare un referendum contro la Strategia energetica 2050. I referendisti sono dell’avviso che, nonostante le copiose sovvenzioni previste, la Svizzera non riuscirà a colmare con le energie rinnovabili la quota di elettricità oggi prodotta dalle centrali atomiche. Temono pure che la svolta decisa dal Consiglio federale e approvata dal parlamento porterà a un aumento dei costi a carico dell’economia, ma anche delle famiglie. Non sono dello stesso avviso importanti cerchie imprenditoriali. È il caso di Economiesuisse che da mesi aveva annunciato di non voler sostenere un eventuale referendum. Anche l’Unione svizzera delle arti e mestieri (Usam) che rappresenta soprattutto quelle Pmi nel nome delle quali i democentristi hanno deciso di scendere in campo, si è chiamata fuori. «Sono finora rientrati 43 formulari nell’ambito del sondaggio interno e solo 16 sono favorevoli al referendum. Lo affermo sebbene questa legge non mi entusiasmi» dice alla ‘Regione’ il presidente Usam, che è anche consigliere nazionale dell’Udc, JeanFrançois Rime. «Abbiamo già un’agenda fitta su questioni che ci impegneranno parecchio. Penso alla riforma III delle imprese. Non si può fare tutto».