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Londra vieta agli accademici stranieri di fornire consulenze sulla Brexit

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Bruxelles/Londra – Sulla Brexit decidiamo noi. Il Foreign Office ha inviato alla London School of Economics una e-mail per informare il prestigios­o istituto che nessuno dei suoi accademici stranieri, finora ordinariam­ente consultati per gli affari europei, sarà ammesso a fornire consulenze sulla Brexit. Il motivo, ha anticipato ieri ‘The Guardian’, evitare fughe di notizie su “materiale sensibile”. Non si era ancora posato il polverone sollevato dalle “liste di proscrizio­ne” per lavoratori stranieri proposte dalla ministra degli Interni Amber Rudd, che il governo di Theresa May ha aggiunto un mattone all’autarchia britannica, chiudendo alle consulenze “esterne” sulla Brexit. Poche ore prima, il povero Jean-Claude Juncker aveva avvertito che mai l’Ue accetterà accordi separati di Londra con i singoli governi per restare nel mercato unico senza accettare la libertà di circolazio­ne dei lavoratori. «Non si può stare con un piede dentro e un piede fuori», ha detto il presidente della Commission­e europea. Dimentican­do forse che tale è stata la condizione accordata a Londra sin dalla sua adesione all’Unione. E che adesso si parla d’altro. Lo scoop del ‘Guardian’ è arrivato 24 ore dopo che da Berlino Angela Merkel aveva irrigidito la posizione della Germania verso il Regno Unito, mentre il negoziator­e del parlamento, Guy Verhofstad­t, prometteva che la Ue «difenderà i diritti fondamenta­li dei suoi cittadini, ovunque essi siano». Ok, ha risposto Londra, ma sulla Brexit facciamo noi, gli altri fuori.

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