Senzatetto al riparo
La notte dei primi ospiti del dormitorio allestito sotto la chiesa di Chiasso
Ci si mobilita per evitare che accada anche in Ticino
Giovedì notte non è stata come le altre. Non per Adam e Nicolaj, in ogni caso. Fuori si è messo a nevicare e ha tutta l’intenzione di imbiancare anche la propaggine sud del Ticino. Ma almeno questa volta ripararsi dal freddo e dalle condizioni climatiche avverse non sarà un problema. È lo stesso Adam a farci strada. Oltre il portone laterale della chiesa parrocchiale di Chiasso. Oltre la scala stretta che ci conduce nel seminterrato. Il locale non è ampio, ma c’è quanto basta ai due compagni di sventura. Abituati a condividere un destino non certo generoso, non faticano a dividersi lo spazio e i giacigli, l’uno accanto all’altro. Eppoi le volontarie della parrocchia hanno pensato di lasciare loro qualcosa con cui rifocillarsi; c’è un lavabo con l’acqua calda e un servizio. Ma soprattutto, esordisce Adam, di origini polacche, è caldo, asciutto e tranquillo. Trascorrere le nottate nella sala d’aspetto della stazione non sempre lo è. Sono grati, quindi, a don Gianfranco Feliciani, che ha deciso di aprire la chiesa a chi non ha un tetto (come riferito da ‘laRegione’ di ieri). Un gesto nato, come capita in altre realtà parrocchiali, dalla buona volontà della comunità locale. Un gesto concreto che può, però, fare la differenza. La rete di solidarietà si allarga, ma soprattutto i posti letto a disposizione dei senza fissa dimora aumentano (seppur di poco). Oggi in Ticino, infatti, possono solo far capo a Casa Astra. Adam, del resto, non si è ritrovato per scelta a vagare per il cantone in cerca di lavoro. «Avevo una ditta edile, una casa, un mutuo in Emilia. Poi il terremoto del 2012, di fatto, si è portato via tutto», ci racconta. Così la moglie, polacca come lui, che fa la badante presso una signora, e i figli, due adolescenti, sono rimasti in Italia. Lui, che si è lasciato da tempo alle spalle il suo paese a 13 chilometri da Auschwitz, un anno fa ha pensato di cercare fortuna nella Svizzera italiana. «La speranza c’era e c’è. Sinora, però, ho trovato solo dei lavoretti saltuari. Ho bussato anche alle agenzie di collocamento, curriculum alla mano, ma niente – dice sconsolato –. D’altro canto, sembra un circolo vizioso: per trovare lavoro ci vogliono i permessi; per avere i permessi bisogna avere la residenza; ma senza casa non c’è lavoro. Difficile uscirne». Nicolaj, invece, ha lasciato la Romania – «al confine con la Moldavia», spiega – per darsi una opportunità all’ovest. «Ho lavorato in Italia per una catena di supermercati, come scaffalista, tramite una cooperativa che mi pagava anche poco. Del tipo che facevi 9 ore e te ne riconoscevano 5. Ma va bene così – annota –. Poi è cresciuta la speranza, che è l’ultima a morire, di trovare qualcosa in Ticino, girando cantiere per cantiere. Ma non è facile in inverno». Adam ci spiazza: «C’è chi sta peggio di noi». Arduo aggiungere altro. Quando si cresce dando del ‘tu’ alla povertà, ci fanno capire, si impara ad avere il coraggio di andare avanti. Nonostante tutto. Per Adam e Nicolaj è tempo di prepararsi per la notte. Li salutiamo. Tornati all’esterno il paesaggio si è già coperto di bianco. La notte, però, non è finita. Anche i City Angels, d’abitudine di stanza a Lugano, hanno deciso di ridiscendere il Sottoceneri, una stazione dopo l’altra. Arriva una telefonata. A Mendrisio un giovane africano di passaggio è intirizzito dal freddo. Si organizza l’accoglienza a Chiasso. Il ragazzo è impaurito ma sorpreso di trovare tanta solidarietà. Nel suo francese non fa che ringraziare: «Merci – ci dice accomunandoci agli ‘angeli della notte’ –, parce que vous avez marché dans la neige pour moi».