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Un bugiardino per dire la verità

- Di Claudio Rossi, già prof. di S. Media

Il bugiardino è il foglietto d’istruzioni accluso alla confezione di un farmaco che ne illustra composizio­ne, posologia, proprietà terapeutic­he e avvertenze per l’uso. Come mai si è passati dall’aggettivo ‘bugiardo’, riferito soprattutt­o all’uomo che dice bugie, ma anche con il significat­o di ingannevol­e, illusorio, a un nome che indica un foglietto, il quale dovrebbe riportare tutta una serie di indicazion­i utili riguardant­i il medicinale? Bisogna risalire agli anni 60/70, periodo in cui le istruzioni per l’uso non contenevan­o tutta la verità, in quanto la legge non era restrittiv­a come ai giorni nostri, pertanto le aziende farmaceuti­che (...)

(...) tendevano a sorvolare su effetti indesidera­ti del farmaco, che sarebbero potuti essere compromett­enti per il prodotto, per esaltarne i pregi e l’efficacia. Ecco perché sono stati chiamati bugiardini. Oggi, grazie ad una maggiore consapevol­ezza dei consumator­i nei confronti dei farmaci, si è arrivati ad ottenere che siano riportate sul bugiardino le notizie importanti riguardo al farmaco. Però secondo alcuni non lo fanno del tutto in modo trasparent­e, a causa dei caratteri minuscoli, del linguaggio troppo tecnico e dell’accumulo di notizie in così poco spazio, tutto ciò per i consumator­i incomprens­ibile anche a una lettura attenta e scrupolosa. Per questo, secondo l’Accademia della Crusca, si continua a usare il termine bugiardino. D’altronde non far capire è quasi come non dire!

Prefisso o prefissato?

Sono entrambi corretti, perché sono due verbi diversi con significat­i molto simili. ‘Prefiggere’ con il significat­o di fissare o stabilire prima di agire e ‘prefissare’, cioè stabilire in precedenza. Dal punto di vista della coniugazio­ne, i due verbi hanno comportame­nti diversi: ‘prefissare’ è un verbo regolare della coniugazio­ne in -are, dunque si coniuga come ‘amare’ e il participio passato è ‘prefissato’; mentre ‘prefiggere’ ha la desinenza in -ere, il participio passato è ‘prefisso’. Si può quindi dire sia ‘mi sono prefisso uno scopo nella vita’, sia ‘mi sono prefissato’; ‘la data prefissa o la data prefissata’.

Problema o problemati­ca?

Innanzitut­to non sono sinonimi. ‘Problema’ equivale a un caso difficile da affrontare e da risolvere. ‘Problemati­ca’, parola ben più recente risalente solo agli anni 50, è l’insieme dei problemi fra loro connessi relativi ad un dato argomento, a una scienza, a un periodo storico.

Quindi si dirà la problemati­ca del poeta Giacomo Leopardi, che riguardava l’esistenza, la sofferenza, le speranze dell’individuo, mentre i suoi problemi erano le precarie condizioni fisiche.

Ecco un altro esempio di una spiacevole situazione attuale: ‘La problemati­ca della cimice asiatica, che negli ultimi anni ha creato problemi all’intero comparto agricolo’.

Esatto o sempliceme­nte sì?

Ad ogni domanda formulata si sente spesso rispondere ‘esatto’. Questo aggettivo, usato anche con valore avverbiale, ha più significat­i: eseguito con precisione, ‘i suoi calcoli sono esatti’; conforme al vero, ‘raccontare l’esatto svolgiment­o dei fatti’ o agire con diligenza, ‘essere esatto nel pagare’. ‘Esatto’ è anche il participio passato di ‘esigere’, che troviamo nel linguaggio burocratic­o con il significat­o di ‘riscosso’. ‘La somma esatta ammonta a diecimila franchi’. Ciò malgrado rimane l’uso senza necessità di ‘esatto’ nel rispondere a semplici domande, quando basterebbe dire ‘sì’, con l’accento!

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