Le Ong invitano i diritti umani alla visita di Xi Jinping
Berna – I rapporti fra Cina e Svizzera “sono un esempio di relazioni di amicizia e cooperazione fra Paesi diversi per il loro ordine sociale, il loro stato, il loro sviluppo e la loro dimensione”. Lo ha dichiarato alla ‘Neue Zürcher Zeitung’ Xi Jinping, che domani inizia la sua visita ufficiale nella Confederazione. Il presidente cinese auspica che l’accordo bilaterale di libero scambio firmato nel 2013 venga completato. E i diritti umani? La domanda l’hanno posta ieri Amnesty International (Ai) e la società per popoli minacciati (GfbV). Le due organizzazioni non governative (Ong) hanno lanciato un appello al Consiglio federale affinché affronti la questione con l’illustre ospite. La volontà di non compromettere i rapporti non può indurre ad ignorare la precaria situazione dei diritti dell’uomo in Cina, indica Ai in una nota.
“Il Consiglio federale, nel contesto dei propri incontri con Xi Jinping e la delegazione che lo accompagna, deve affrontare apertamente le questioni critiche, come ad esempio la soppressione della libertà d’espressione o l’uso della pena capitale in Cina”, dichiara Reto Rufer, esperto sulla Cina per la sezione svizzera di Ai, citato nel comunicato. Dall’inizio del mandato di Xi, nel 2013, la situazione dei diritti umani nel Paese è molto peggiorata, sostiene Ai. Questo in particolare a causa dell’attuazione di varie nuove leggi che contengono una definizione molto vaga del concetto di ‘sicurezza nazionale’ e di reati la cui definizione è discutibile (‘incitamento alla sovversione’, ‘separatismo’ e ‘incitamento alla rivolta sociale’). Fondandosi su queste norme, “il governo cinese interviene in modo pesante contro le voci critiche presenti nel Paese”, scrive l’ong, sottolineando la situazione critica delle minoranze tibetana, uigura e mongola. A Ginevra le organizzazioni tibetane attendono, per il momento invano, un’autorizzazione per manifestare davanti alla sede delle Nazioni Unite. E anche la decisione della Città di Berna di autorizzare una dimostrazione a sostegno del popolo tibetano solo fuori dal raggio di visione della delegazione cinese deve essere considerata “come una grave interferenza con il diritto alla libertà di espressione e di riunione”.