Contagio da ‘Dieselgate’
Anche il costruttore francese Renault finisce nel mirino della giustizia Un fascicolo giudiziario è stato aperto con l’ipotesi di ‘frode sui controlli che hanno reso il prodotto pericoloso per la salute umana’
“Renault rispetta la legislazione francese ed europea. I veicoli Renault sono sempre stati omologati conformemente alla legge e alle regolamentazioni. Sono conformi alle norme in vigore. I veicoli Renault non sono equipaggiati di software di frode ai dispositivi antiinquinamento”: è quanto si legge in una nota diffusa da Renault dopo l’apertura di un fascicolo giudiziario sul sospetto di emissioni truccate.
“Pur non avendo potuto ancora averne conferma ufficiale, il gruppo Renault prende atto dell’apertura di un fascicolo giudiziario” su una presunta frode sulle emissioni dei suoi motori Diesel, afferma il costruttore automobilistico in una nota pubblicata sul suo sito internet.
“Questa nuova tappa della procedura – prosegue Renault – indicherebbe l’auspicio della Procura di andare avanti con l’inchiesta”. Da parte sua, l’azienda francese intende "far valere i propri diritti” e ribadisce la sua posizione declinata in quattro punti: “Renault rispetta la legislazione francese ed europea; i veicoli Renault sono sempre stati tutti omologati conformemente alla legge e alle regolamentazioni: sono conformi alle norme in vigore; i veicoli Renault non sono equipaggiati di software di frode ai dispositivi anti-inquinamento; gli Stati, la Commissione europea, le autorità di regolazione e i costruttori automobilistici condividono la necessità di rafforzare le esigenze dell’attuale normativa. È l’oggetto della futura regolamentazione Euro6d”. Renault ricorda poi di aver già presentato, nel marzo scorso, davanti al collegio di una commissione tecnica indipendente, “un piano completo di riduzione delle emissioni di ossidi di azoto (NOx) dei suoi veicoli Diesel Euro6b in uso che è stato ritenuto trasparente, soddisfacente e credibile”.
La Procura di Parigi ha infatti deciso di aprire un’inchiesta – affidata a tre giudici istruttori – ipotizzando il reato di “frode sui controlli che hanno reso il prodotto pericoloso per la salute”. Il titolo del costruttore francese è immediatamente caduto in Borsa.
Tutto è iniziato nell’autunno 2015
La vicenda risale all’autunno 2015, quando – in seguito allo scandalo Volkswagen – il ministero francese dell’Ambiente decise di costituire una commissione indipendente incaricata di effettuare dei test su un centinaio di veicoli commercializzati in Francia da una dozzina di case automobilistiche. I rapporti della commissione, resi noti nel luglio dell’anno scorso, avevano evidenziato il superamento delle soglie di emissione nella guida normale rispetto a quelle dei test di omologazione. Nel mirino, oltre al gruppo tedesco, era finita soprattutto Renault.
Sempre questa settimana, ma dall’altra parte dell’Atlantico, è toccato al gruppo Fiat Chrysler Automobiles (Fca) finire nel mirino dell’autorità statunitense per la protezione dell’ambiente. Sono 104mila i veicoli fuori norma per quanto riguarda le emissioni di NOx (ossido di azoto) equipaggiati con motori Diesel 3.0 degli anni 2014, 2015 e 2016. I modelli coinvolti sono i Suv Jeep Grand Cherokee e i Ram Dodge.