Trump può dire grazie a Londra
Il dossier che esporrebbe il presidente eletto al ricatto russo passato all’Fbi con l’avallo del governo Il Bureau sotto indagine per avere riaperto l’inchiesta sulle mail di Clinton a pochi giorni dal voto. Il rivale: ‘Lei non doveva candidarsi’.
Washington – Il dossier di intelligence che esporrebbe Donald Trump ai ricatti russi è arrivato nelle mani dell’Fbi con l’approvazione di Londra. L’hanno scritto ieri i giornali britannici, rivelando un intervento che, se confermato, potrebbe minare i rapporti ostentatamente cordiali tra la prima ministra Theresa May e il nuovo presidente americano. Secondo la stampa inglese – che ha citato non meglio precisate “fonti americane” – l’Fbi si rivolse al governo di Londra per chiedere di mettersi in contatto con Cristopher Steele, l’ex agente dei servizi britannici (secondo alcune fonti ancora in attività) autore del rapporto su Trump. Rapporto realizzato dopo mesi di raccolta di informazioni provenienti dalla Russia, attraverso informatori locali contattati da Steele (che aveva guidato il ‘desk Russia’ quando lavorava per l’Mi6). Completato il dossier – ha scritto il ‘Telegraph’ – l’esecutivo May ha autorizzato la sua consegna agli uomini dell’Fbi. Si tratta di una decina di memo, più un sommario per sintetizzarne i contenuti. Contenuti altamente compromettenti per il presidente eletto degli Stati Uniti: dai festini hard in un hotel di Mosca alle tangenti pagate per ingraziarsi le autorità russe in vista di possibili affari, fino ai contatti con l’intelligence di Mosca sull’hackeraggio dello staff di Hillary Clinton. Altri media britannici hanno coinvolto nell’affaire anche Tim Barrow, neoambasciatore del Regno Unito presso l’Unione europea, e già diplomatico a Mosca quando Steele vi lavorò come spia sotto copertura. Citando fonti russe e britanniche, il ‘Sun’ ha scritto che Barrow sarebbe stato a sua volta informato e in qualche modo coinvolto nell’operazione di dossieraggio. Cosa che il diplomatico ha seccamente smentito.
Trump, intanto, dopo avere riconosciuto l’intrusione di Mosca, ha promesso che entro 90 giorni la nuova amministrazione sarà in grado di presentare un rapporto completo sugli hackeraggi. Ma Trump dovrà spiegare perché nei giorni dell’espulsione di 35 diplomatici russi decisa da Obama come rappresaglia, il suo consigliere per la sicurezza nazionale Michael Flynn sentì più volte l’ambasciatore russo Sergey Kislyak. E infine dovrà occuparsi del numero uno dell’Fbi, James Comey. Da più parti – compreso il ‘Wall Street Journal’ – si chiedono le sue dimissioni dopo che il Dipartimento di giustizia ha deciso di avviare un’indagine sull’operato del Bureau durante la campagna elettorale, per capire se nel riaprire l’inchiesta sulle email di Clinton a pochi giorni dal voto i vertici dell’Fbi agirono correttamente. Trump è stato lapidario: non doveva candidarsi.