È stato tradito anche Pinter
Ma soprattutto: nel lavoro di Pinter, anche scavando tra le sottotracce, non c’è nessun indizio di una denuncia di quell’utopica ondata “rivoluzionaria”. La contrapposizione tra un agente letterario privo di scrupoli e interessato solo alla vendita di best seller ( Jerry) e un editore che viceversa è ancora legato a un minimo di senso etico (Robert) – unico quanto labile indizio della “lettura” sbandierata da Placido – esisteva infatti ben prima del ’68 e purtroppo sopravvive anche in epoca 2.0.
Secondo campanello d’allarme: la scenografia di Gianluca Amodio (sobria, dominata da due schermi/specchi dove si situa spazio-temporalmente la scena che andremo a vedere: Londra 1977, Torcello 1971 ecc.) può dirsi funzionale e ben congegnata. Peccato che il light designer (datore luci fa molto meno chic) Giuseppe Filipponio abbia poi sistemato dietro gli specchi/schermi, e sin dall’inizio della rappresentazione, un faretto ben puntato verso la platea, disturbando così la visione ad almeno metà degli spettatori.
Terzo, ultimo e sinistro driiin: proprio al Teatro di Chiasso ricordiamo una performance dell’indimenticabile Ernesto Calindri, all’epoca già ultranovantenne, lanciatosi armato solo del suo talento e della sua voce in un “assolo” declamato con le spalle alla platea e dal fondo del palcoscenico, ben udibile anche da chi stava in alto in galleria! I tre giovani, baldi e aitanti attori sono stati invece “microfonati” da Placido… Insomma: un’oretta scarsa di performance per uno spettacolo che certamente non si può definire indimenticabile.