Manchester United
Solidarietà da tutto il mondo alla città colpita. Ventidue morti, l’Isis rivendica
Il sospetto kamikaze aveva 22 anni, nato e cresciuto nel Regno Unito
Manchester – Ventidue morti (otto anni il più giovane), centoventi feriti. L’Isis ha rivendicato ieri l’attentato di lunedì sera alla Manchester Arena, il più grave nel Regno Unito dopo quello nella metropolitana di Londra nel 2005. La strage provocata da un giovane attentatore suicida ha avuto per teatro gli spalti della grande sala in cui si esibiva Ariana Grande, la cantante beniamina dei teenager di mezzo mondo. E questo spiega l’elevatissimo numero di vittime adolescenti o poco più. Seppure con modalità diverse (allora si trattò di un assalto con armi automatiche), l’attentato ha immediatamente ricondotto alla mente il massacro al Bataclan di Parigi, il 13 novembre del 2015, dove era in corso un concerto rock. In questo caso, la strage è stata provocata dall’esplosione dell’ordigno che l’attentatore portava addosso, riempito, sembra, di schegge metalliche per provocare i maggiori danni possibili, e fatto detonare al momento dei bis, poco dopo le 22.30 locali. La polizia britannica ha dato in serata un nome al presunto kamikaze: Salman Abedi, 22 anni, figlio, sembra, di rifugiati libici residenti a Manchester, già oggetto dell’attenzione delle forze di sicurezza, prima di riuscire a rendersi irreperibile. Per il capo della polizia locale Ian Hopkins non vi sono dubbi sulla sua identità. Ma ogni altro elemento dell’inchiesta resta ancora coperto dal riserbo. Il capo del governo Theresa May ha presieduto il comitato d’emergenza Cobra, limitandosi a dire poi che le indagini mirano adesso a stabilire eventuali connessioni con cellule più vaste. La campagna elettorale in vista delle elezioni legislative dell’8 giugno è stata almeno temporaneamente sospesa, e tutti i partiti hanno assicurato la propria lealtà all’esecutivo. Di certo si sa che un ventitreenne, forse un complice, è stato arrestato poche ore dopo l’attentato, e che una retata delle forze speciali è stata condotta nel pomeriggio nella zona di Carlton Road, periferia ad alta concentrazione islamica a sud di Manchester, dove gruppi di rifugiati hanno trovato alloggio. La rivendicazione dell’Isis, diffusa dall’agenzia Amaq monitorata da Site (il portale che filtra la propaganda islamista) è ancora al vaglio degli investigatori. Il testo sembrerebbe infatti incongruente con l’evento: vi si parla di “ordigni collocati da uno dei soldati del Califfato” e non di “martiri”, ciò che escluderebbe l’azione di un kamikaze; e si indica un bilancio di vittime diverso da quello ufficiale (30 morti, 70 feriti). Rituale invece la minaccia allegata “Per chi venera la Croce e i loro alleati il peggio deve ancora venire”. In effetti, per l’intera giornata si sono moltiplicati i falsi allarmi, non solo a Manchester: dall’aeroporto svedese di Goteborg a quello di Dubai, alla stazione di London Victoria. Centinaia di agenti sono stati inviati di rinforzo a presidiare obiettivi sensibili (compresi gli stadi londinesi di Wembley e Twickenham) oltre ai tiratori scelti dislocati nei punti più sensibili dei principali centri. A Manchester, storico bastione operaio della vecchia Inghilterra, è stata formulata la solidarietà da tutte le capitali occidentali (anche Hamas si è associata alla condanna dell’attentato) e in serata si è tenuta una veglia guidata dal sindaco laburista Andy Burnham. Anche il mondo del calcio si è associato al cordoglio, con i gesti di solidarietà di leggende dello United (David Beckham in testa) o del City: la moglie e le due figlie dell’allenatore Pep Guardiola erano d’altronde al concerto di Ariana Grande. May, parlando da Downing Street, prima di visitare il luogo della strage e i bambini ricoverati in uno dei sei ospedali allertati per l’emergenza, ha ammesso che altre minacce possono essere ancora dietro l’angolo. Ma si è appellata all’unità del paese, assicurando che “lo spirito della Gran Bretagna non si farà piegare”.