L.F. Tagliavini, ‘musicus perfectus’
(...) su organi moderni, fin dalla prima edizione del Festival di Magadino nel 1963 (accanto a figure “monumentali” quali Marcel Dupré, Gaston Litaize e Fernando Germani), ma anche altrove, contribuendo non solo a incrementare la conoscenza del patrimonio compositivo organistico e clavicembalistico, ma a far conoscere la relativa letteratura cinquesecentesca italiana (Cavazzoni, Gabrieli, Frescobaldi, Alessandro e Domenico Scarlatti, Pasquini, Zipoli ecc.), di cui è stato un alfiere a livello internazionale grazie anche alle numerose registrazioni discografiche. Tagliavini ha coltivato un legame stretto con la Svizzera che nel 1965 lo vide approdare alla cattedra di musicologia dell’Università di Friburgo, mantenuta per oltre un trentennio, rafforzandovi la presenza dell’italianistica e lasciando il segno su molti allievi ticinesi avviati alla disciplina musicologica (tra cui lo scrivente). Formatosi negli anni 40 e 50, quando la musicologia in Italia non era ancora giunta ad ottenere un coerente e dignitoso statuto accademico, approdò alla disciplina che l’avrebbe visto primeggiare attraverso gli studi di conservatorio a Bologna, gettando la base di un modello di studioso equamente diviso tra il “musico prattico” e il “musico speculativo” (come pour cause furono intitolati gli studi in onore del suo 65° compleanno, Musicus perfectus). Con uno scambio continuo e profondamente verificato tra i due campi ne sono derivati contributi fondamentali a livello performativo e saggistico in cui una parte notevole è rappresentata dagli approfondimenti della prassi esecutiva, che ne fanno un punto fondamentale di riferimento internazionalmente riconosciuto, a partire dalla rivista “L’organo” da lui fondata nel 1960. Lorenzo Bianconi, il maggior musicologo ticinese, ha colto esemplarmente il significato di tale intreccio di esperienze, nella laudatio pronunciata in occasione del conferimento del dottorato honoris causa al Maestro da parte dell’Università di Bologna, con queste parole: “Si avverte in ogni suo scritto la stessa autodisciplina, il ferreo controllo e la tournure elegante che traspare dalle sue limpidissime esecuzioni. Vale il reciproco: il giro di frase, la sostenutezza del discorso, la coltivata sobrietà d’un pensiero intriso d’erudizione ed allenato alla riflessione s’irradiano su ogni pagina di musica da lui suonata”. Collezionista di edizioni antiche e soprattutto di strumenti a tastiera, distribuiti tra la sua residenza bolognese e quella di Portalban affacciata sul Lago di Neuchâtel, ne è risultato un lascito donato alla sua città natale, dal 2010 collocato nel Museo di San Colombano in cui ogni anno si tiene una ricca stagione di concerti, conferenze, visite guidate, mostre e altre attività musicali e musicologiche.