Pyongyang: Guam nel mirino
Dopo il missile lanciato sul Giappone, i nordcoreani minacciano la base americana nel Pacifico Kim minaccia l’avamposto statunitense, con il suo ingente insediamento militare. L’Onu condanna, ma non interviene. Washington incerta.
Questo è solo l’inizio, «il preludio» di quello che succederà a Guam. Tutto il mondo punta il dito contro Pyongyang, ma il regime di Kim Jong-un sembra non curarsene. E di fronte all’ondata di indignazione per l’ultimo test missilistico risponde con nuove minacce agli Usa e all’intera comunità internazionale. Facendosi beffe anche delle Nazioni Unite, che tramite il Consiglio di Sicurezza hanno espresso l’ennesima durissima condanna. La risposta da Washington non si è fatta attendere, anche se appare quanto mai contraddittoria. Non è più tempo del dialogo, «non è questa la risposta», ha twittato Donald Trump, lasciando intendere come oramai la speranza di un negoziato sia tramontata e come l’opzione militare stia prendendo sempre più corpo. Ma a frenare ci ha pensato il capo del Pentagono: «Gli Stati Uniti hanno sempre delle soluzioni diplomatiche», ha precisato il segretario della Difesa James Mattis ricevendo il suo omologo sudcoreano. Un’ulteriore spia di quanto l’amministrazione Usa sia tutt’altro che compatta sulla strategia da seguire. I venti di guerra continuano comunque a soffiare nel Pacifico, con gli Stati Uniti che in un’esercitazione al largo delle coste delle Hawaii hanno abbattuto con successo un missile balistico a medio raggio, simile all’ultimo lanciato dal regime nordcoreano e che è volato sopra le teste dei giapponesi. Lo stesso tipo di vettore che Pyongyang minaccia di lanciare contro Guam, dove si trova la base militare Usa più grande dell’area. Di fronte alla prospettiva di un’escalation militare dalle conseguenze imprevedibili, si fa intanto incessante il pressing per una nuova decisione delle Nazioni Unite che inasprisca ulteriormente le sanzioni contro la Corea del Nord, isolando sempre più il Paese nella speranza che ceda all’apertura di una trattativa. E da Pechino arriva la disponibilità ad appoggiare e sostenere tutte le risoluzioni del Consiglio di sicurezza a patto – ha affermato il ministro degli Esteri Wang Yi – che nessuno, a partire dagli Usa, decida «misure unilaterali non in linea con il diritto internazionale». A chiedere più pressione su Pyongyang sono chiaramente Tokyo e Seul, che si sentono direttamente minacciate dal regime di Kim. Una minaccia non solo nucleare, ma che potrebbe materializzarsi anche con l’uso da parte della Corea del Nord del suo arsenale convenzionale, se non addirittura con il ricorso ad ‘armi sporche’, chimiche e biologiche.