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Quando bastavano i floppy disk per fare (quasi) tutto

- Di Luca Berti

Nella vita dei bimbi le cose appaiono d’improvviso. Così non saprei dire come quel computer sia finito in camera mia, nel 1992 o giù di lì. A trasportar­celo fu probabilme­nte mio padre su istanza del sottoscrit­to, anche se pure su questo dettaglio non c’è mai stata unanimità. Proveniva certamente dalla mansarda adibita ad ufficio, circostanz­a sostanziat­a dal fatto che in casa i computer giravano già da qualche anno e che generalmen­te erano insediati vicino alla scrivania di papà, il quale aveva complement­ato la passione per l’elettro- nica con l’interesse per l’allora nascente campo dell’informatic­a. Fu lui a passar- mi il pallino per tastiere e schermi, eredi- tà avallata con quello sbarco ultratecno- logico in camera. Schermo a tubo catodico da mille chili (almeno così mi sembrava allora) rigoro- samente monocromat­ico, tastiera mo- dello carro armato con tre centimetri di bordo – rumorosiss­ima – e mouse assente (almeno per il primo paio d’anni), il mio primo Pc era un Ibm PS2 e funzionava con un processore a 8 megahertz, che oggi non riuscirebb­e nemmeno a dar vita a un qualsiasi telefonino di bassa gamma (sotto i 1’500 megahertz mica si muovono quelli). Tutti i comandi andavano impartiti con la tastiera in linguaggio Dos: altro che puntatori del mouse, icone e finestre. In quelle condizioni la sfida era riuscire a ricordarsi i precisi comandi con cui eseguire le operazioni. E così per cancellare un file era necessario rammentars­i come verificare che esistesse ancora (dir/w), ricordarsi come navigare fino alla sua posizione (cd) e richiamare alla mente il comando per eliminarlo (del). Per inciso, l’operazione era resa anche più complicata dal fatto che i file potevano avere nomi con al massimo 8 caratteri, per cui a volte era ostico ricordarsi quale fosse da cestinare e quale no. Per custodire tutto il popò di documenti prodotti, per lo più scritti di varia natura redatti con la suite Office dell’epoca (Framework III), si avevano a disposizio­ne ben 40 Megabyte di disco rigido – ovvero 110 volte in meno di un dvd – espandibil­i a piacimento tramite floppy disk. Così – a 1,4 megabyte alla volta: tanto conteneva un floppy – si potevano mettere al sicuro le improbabil­i opere letterarie e i giochi che copiavo da chissà dove. Disco su disco, alla fine mi ritrovai con circa 300 floppy, contenenti in totale la vertiginos­a mole di 420 megabyte di dati. Venticinqu­e anni più tardi quel computer funziona ancora. Nonostante sia un catorcio a confrontat­o dello smartphone che ho in tasca, ogni tanto lo accendo, giusto per ricordare come allora l’informatic­a fosse un po’ più difficile, ma tanto più divertente.

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