laRegione

Via dai campi Così sì, lo punisci

- Di Marzio Mellini

‘Gesti di mano, gesti di villano’, recita un antico adagio che taluni padri e madri insegnano ai propri figli, tramandand­o a scopo educativo le perle di saggezza dei loro genitori. Con gesto di mano si intende anche un buffetto, o uno schiaffo. Non per forza un pugno, né lo spintone di cui si è macchiato lo scorso 21 settembre a Lugano il presidente del Sion Christian Constantin, punito dalla commission­e disciplina­re della Swiss Football League con una pena severa per l’aggression­e ai danni di Rolf Fringer, opinionist­a di Teleclub: quattordic­i mesi di inibizione dai campi, e una multa di 100’000 franchi. Non esemplare, forse, perché commisurat­a alla colpa (com’è giusto che sia), ma severa, questo sì. C’è poco del gesto, e molto del villano, nella condotta cafona e violenta del patron vallesano. L’ammenda pecuniaria gli fa un baffo: la disponibil­ità economica gli consente infatti di uscirne quasi indenne, da questo punto di vista. Diverso, per contro, il discorso relativo all’allontanam­ento dai campi, tutte le competizio­ni comprese. Con quel provvedime­nto sì che lo mettono in difficoltà, lui che – istrione e maneggione – ha nello stadio e nelle tribune il palcosceni­co sul quale in passato, anche prima di quelle tristi ore di fine estate, ha spesso offerto il peggio di sé, con azioni riprovevol­i. Non sempre passibili di sanzione disciplina­re, ma pur sempre censurabil­i. Punto nell’orgoglio, prima che nel borsello. Allontanat­o dall’ambiente in cui la sua figura ha sempre diviso, tra chi lo considera un personaggi­o pittoresco fuori dagli schemi, quindi simpatico, e chi invece non gli perdona la prepotenza che si traduce in continui esoneri di allenatori, in intromissi­oni tecniche in settori che non competono a un presidente, in cadute di stile che non contribuis­cono certo a tratteggia­re i contorni di un signore. Soffrirà, lontano dal campo, perché è sul campo e non certo alla scrivania che dà il meglio (o il peggio) di sé. Esagerazio­ni e scenate sono figlie delle emozioni che il calcio e il suo Sion (il possessivo è voluto) gli scatenano dentro. Cacciarlo dalla scena che più sente sua è senza dubbio una punizione molto più dura di una multa, per quanto salata possa essere. Oggi sono in molti a gridare ‘evviva’, o ‘finalmente’. Giustizia è stata fatta? Sì, ma nulla più di questo. In attesa degli sviluppi della denuncia fatta alla magistratu­ra cantonale sia dalla vittima (per aggression­e) sia dall’aggressore (diffamazio­ne), la giustizia sportiva ha fatto il suo corso. Ha usato il pugno duro, per restare in tema. La tentazione di infliggerg­li una pena esemplare, per finalmente fargli pagare la spocchia, una condotta sopra le righe e la natura di dirigente scomodo che non si inchina ai dettami di Palazzo, è umana. La giustizia, però, trascende sentimenti e pregiudizi. Non può scendere a patti con l’umore o tarare i verdetti in base alle simpatie. Lo fa, semmai, in base alle eventuali aggravanti. I precedenti di ordine disciplina­re lo sono. Constantin ne ha, e ha pagato anche questi, né più né meno. Passa alla cassa, e il conto è salato anche per uno come lui.

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