Un giorno di Hispanidad
Madrid – Mancavano Carles Puigdemont e, per solidarietà, anche il premier basco Inigo Urkullu, ma la Spagna ufficiale non si è lasciata sfuggire ieri l’occasione della festa nazionale della Hispanidad per celebrare la propria unità. Alla parata dell’esercito hanno assistito il re, il premier Mariano Rajoy e una bella fetta di classe politica (Pablo Iglesias escluso). Una sorta di celebrazione scaramantica, nel pieno della crisi catalana, funestata dalla caduta di uno degli aerei che avevano partecipato alla sfilata, il cui pilota è morto. La contestazione di una Catalogna che si sente già con un piede fuori è venuta anche dal territorio. Oltre 100 Comuni catalani hanno rifiutato di chiudere per celebrare la festa nazionale spagnola. Fra i ribelli anche Girona e Badalona. Mentre a Barcellona sono di nuovo scesi in piazza 65mila unionisti per contestare la linea della secessione del governo catalano. Dopo i picchi di tensione dei giorni scorsi, una surreale fase di calma è seguita alla dichiarazione di indipendenza sospesa di Puigdemont e all’ultimatum che gli ha intimato l’indomani Rajoy: “Correggere” entro giovedì o scatta l’applicazione dell’articolo 155. Con la sospensione dell’autonomia catalana e la possibile destituzione del presidente. Dietro i gesti muscolari sembra però che non vi sia tutta questa fretta di arrivare al regolamento di conti finale. La stessa applicazione dell’articolo 155 non potrà avvenire, per i tempi tecnici, prima di fine ottobre. Tutto tempo guadagnato per una possibile intermediazione che eviti conseguenze imprevedibili allo scontro. “Rajoy come Puigdemont – ha scritto il catalano ‘La Vanguardia’ – hanno scelto di guadagnare tempo”. Speriamo che serva.