Tra poesia e musica
Alla Fondazione Beyeler di Basilea una ricca esposizione dedicata al pittore Paul Klee ‘La dimensione astratta’, questo il titolo della mostra che chiuderà il prossimo 21 gennaio, esplora l’arte di Klee con oltre cento opere
La storia dell’arte del primo Novecento registra un deciso e progressivo scardinamento del figurativo fino al suo definitivo superamento con l’approdo nell’astrazione. Ciò che dapprima era limitato a pochi maestri innovatori – Kandinskij, Malevich, Mondrian – poco alla volta diventa un fenomeno crescente che dà origine a gruppi e correnti. Anche Paul Klee (Berna 1879-Muralto 1940), amico di Kandinskij e cofondatore con lui del ‘Blaue Reiter’ a Monaco (1911) e poi suo collega al Bauhaus di Weimar dal 1921 al 1931, non può non confrontarsi con tale problematica e interrogarsi sull’essenza e la funzione dell’arte: come testimoniato non solo dalla sua ricca produzione artistica, ma anche dai suoi scritti teorici e dai taccuini di lavori dove appuntava le sue riflessioni. La bella e ricca rassegna alla Fondazione Beyeler di Basilea si incentra proprio su tale problematica: in sette sale scandite cronologicamente indaga il particolare rapporto instaurato da Klee con l’arte astratta che, a differenza di quanto avviene in quasi tutti i suoi colleghi, non è un approdo evolutivo senza ritorno, una meta definitivamente raggiunta, ma è invece un continuo entrare ed uscire, dove elementi figurativi possono tranquillamente coesistere dentro opere sostanzialmente astratte. Così come la consapevolezza dell’adulto può coesistere accanto a disegni che si direbbero da bambini, dentro lo stesso foglio, conferendogli quel particolare tocco di poesia e di incanto tipico della sua arte. Quello che si dimentica troppo spesso di dire è che Klee coltivava due altre grandi passioni: la poesia e la musica. Fu infatti anche poeta, ma soprattutto era imbevuto di musica: il padre era violinista e professore di musica all’Accademia di Berna, la madre era cantante professionista. Paul stesso studia violino e farà parte dell’Orchestra di Berna; sposerà poi Karoline Stumpf, figlia di un medico e pianista: i due suoneranno spesso insieme musica da camera. Ora poesia e musica non descrivono il reale, ma gli si muovono accanto, lo ritrascrivono su un altro livello secondo leggi interne fatte di trasfigurazioni oltre che di ritmi e cadenze: quegli stessi elementi che ritroviamo in molte sue opere, governate da scansioni e associazioni di origine poetico-musicale. Forse sta proprio lì il segreto della sua pittura: in quel fondamento di Poesia e Musica che diventano per Klee una forma di pensiero, una modalità con cui leggere il mondo e trasporlo in forme d’arte. E come il musico compone variando un ristretto numero di note, anche Klee crea utilizzando un ristretto numero di elementi – linee, frecce, forme e colori, lettere o strane grafie – che varia di continuo dimostrando in questo una grande creatività con ampia varietà di toni e suggestioni.
Arte colta e infantile
Da qui la specificità della sua arte che lo differenzia dagli artisti nominati sopra. In definitiva Klee si contrappone al rigore di Malevich, del Suprematismo e Costruttivismo o di Mondrian e di De Stijl, ma anche al lirismo astratto dell’amico Kandinskij – nomi e correnti che bisogna ben posizionare come sfondo contestuale alla sua pittura – per attingere invece alla poesia del colore, delle forme e dei liberi accostamenti (prima ancora che nascesse il Surrealismo), prelevando tanto dall’arte colta (simbolismo, cubismo, astrattismo) quanto da quella infantile. Ma da qui – ecco l’obiettivo della rassegna – anche il suo venir relegato in una posizione laterale rispetto ai nomi fatti in precedenza, quando invece – da un punto di vista prettamente cronologico – egli dipinge opere chiaramente astratte già a partire dal 1914, in perfetta sincronia con loro; non fosse che mentre quelli puntavano alla purezza o radicalità delle forme astratte, Klee tentava di costruire dei ponti tra realtà apparentemente lontane. Egli inventa così un’arte tutta sua che mantiene sempre un sottile filo con la natura, la vita, il sogno e la poesia; più tardi anche con la malattia e la morte come ben si vede nella sequenza delle sue ultime opere. In altre parole la sua pittura non si disancora mai dal binomio arte-natura, e quindi anche l’uomo e la sua storia che restano il fondamento del suo universo iconografico. Egli affermava che “l’arte è immaginazione allegorica della creazione”, vale a dire è un processo creativo ed evolutivo analogo a quello della natura, per cui da cosa nasce ed evolve cosa. L’arte si avvicina dunque alla natura non perché la imiti, ma perché procede in maniera analogica, secondo le sue stesse leggi di creazione.