Xi Jinping incanta Trump
Il presidente statunitense invitato a cena nella Città Proibita, il primo capo di stato dal 1949 Oggi le discussioni bilaterali entrano nel vivo. Pechino ferma sulla propria politica economica e sulla questione nordcoreana.
Pechino – Tanto per cominciare, la Città Proibita non è la pacchiana villona di un arricchito come quella di Mar-aLago, dove un Donald Trump fresco di presidenza aveva ospitato Xi Jinping e signora. E forse c’era anche questo messaggio subliminale nel riguardo mostrato dal presidente cinese nei confronti dell’omologo statunitense, primo a essere invitato a cena nella residenza imperiale di Pechino. Un modo per farlo sentire ospite gladito in vista della giornata, oggi, in cui dai complimenti si dovrà passare alla sostanza. Dall’incontro bilaterale dovranno emergere elementi positivi, oltre che sulla crisi della Corea del Nord di Kim Jong-un, su un altro assillo di Trump: il deficit commerciale americano nei confronti di Pechino, che “deve calare”. La Casa Bianca, secondo le anticipazioni fatte circolare ieri sera, si prepara ad annunciare accordi fino a 250 miliardi di dollari, secondo la stima fatta dal segretario al Commercio, Wilbur Ross, in un incontro con i top executive di una trentina di società americane tenuto a Pechino. Un annuncio tanto più necessario, quanto più è probabile che Xi non si piegherà alle pretese di Trump. Lo scenario riportato da Bloomberg è stato anticipato in giornata da intese per nove miliardi, che coinvolgono colossi come DowDuPont, Honeywell, General Electric e Bell. Investimenti, beninteso, che sarà Pechino a effettuare. Le ipotesi più accreditate sono nel settore energetico: un investimento multimiliardario di Sinopec in Texas e nelle Virgin Islands americane; un accordo tra Alaska Gasline Development e Sinochem; un’intesa tra Qualcomm e il gruppo di telefonia Xiaomi; il fondo da cinque miliardi messo a punto da Goldman Sachs e il fondo sovrano China Investment Corp (Cic) per investire negli Usa. In campagna elettorale, Trump aveva denunciato le “pratiche scorrette” della Cina, causa del deficit commerciale americano che vale oltre il 60% dell’intero surplus di Pechino. I dati, del resto, non sembrano dare segnali confortanti: il surplus cinese di ottobre verso gli Usa è di 26,6 miliardi (su 38,17 miliardi totali), e nei 10 mesi è intorno ai 223 miliardi. Niente fa pensare che Xi intenda cambiare corso. Ma nella tappa più delicata del suo viaggio in Asia, seguita a Giappone e Corea del Sud, Trump cercherà anche di ottenere da Pechino qualche impegno in più per bloccare le ambizioni nucleari e missilistiche della Corea del Nord, l’imprevedibile vicino e alleato. Anche in questo caso, otterrà sorrisi. Quelli che, sotto i baffi, sarano corsi a
Seul, quando una nebbia provvidenziale ha impedito all’elicottero del presidente di portarlo fino alla zona demilitarizzata (Dmz) che separa la penisola. Non tutti erano entusiasti all’idea di qualche provocazione di Trump al 38º parallelo. Lo hanno piuttosto lasciato sfogare davanti all’Assemblea nazionale sudcoreana. «È nostro dovere affrontare insieme questa minaccia: più a lungo aspettiamo, più il pericolo cresce e minori diventano le opzioni a disposizione. Non ci sottovalutate e non ci mettete alla prova – ha avvertito Trump con la solita retorica –. Siamo pronti a discutere solo un futuro di prosperità e pace, di questo luminoso passo per la Corea del Nord». Applausi.