Belfast, la città dei muri
Da vent’anni l’Irlanda del Nord sta vivendo un periodo di relativa tranquillità dopo decenni di violenze religiose tra protestanti unionisti e cattolici repubblicani. I ricordi dei Troubles caratterizzano ancora oggi gli edifici dei quartieri di Belfast e
Belfast – Il tempo lenisce anche le ferite più profonde. La Belfast che stasera ospiterà la Nazionale di Vladimir Petkovic non è più quella che nel 1998 accolse la squadra allora diretta da Gilbert Gress. La tensione, lo si percepisce, è minore, lungo le strade (anche del centro) non transitano più i blindati dell’esercito britannico con i soldati appostati sulle torrette, le dita sul grilletto delle mitragliatrici. Ma dagli accordi del Venerdì Santo – siglati pochi giorni prima dell’amichevole del ’98 tra Irlanda del Nord e Svizzera – sono trascorsi appena 19 anni e le ferite, per quanto in via di guarigione, non sono ancora del tutto cicatrizzate. «E nei prossimi mesi potrebbero pure riaprirsi – ci spiega Gerry, il taxista che ci porta a visitare la storia di quello che è stato (e in parte è ancora) l’ultimo conflitto armato dell’Europa occidentale –. Gli accordi prevedevano l’istituzione di un governo comune, con cattolici e protestanti a condividere il potere. Ma l’intesa non è mai stata buona e dallo scorso gennaio l’Irlanda del Nord si ritrova senza governo. Poche settimane fa è intervenuto l’esecutivo britannico, affermando che se una soluzione politica non verrà trovata, l’Ulster tornerà sotto il diretto controllo di Londra. Una soluzione che in pochi auspicano. Certo, le teste calde non mancano, su un fronte e sull’altro, gente che amerebbe tornare ad imbracciare le armi, ma la maggior parte della popolazione vuole evitare una situazione che finirebbe con l’esacerbare ancora la tensione, con la possibilità di compiere pericolosi passi a ritroso in un processo di normalizzazione che avanza, per quanto a fatica». Che tra protestanti unionisti e cattolici repubblicani la tensione permanga alta lo dimostrano gli ultimi scontri, avvenuti soltanto due anni fa a margine di una delle tradizionali marce orangiste che commemorano, in particolare quella del 12 luglio, la vittoria del re protestante Guglielmo III d’Orange contro il re cattolico Giacomo II nel 1691. Negli ultimi due anni non vi sono stati scontri significativi da segnalare, ma Belfast rimane comunque
una città divisa in due. O in 50, quanti sono i muri che separano le due comunità, spesso divise, nelle varie enclave, da una semplice strada di quartiere. Il muro più imponente è quello che corre lungo Shankill Road, di fatto il luogo nel quale il 15 agosto 1969 presero avvio gli scontri che, al culmine di decenni di crescente tensione, misero a ferro e fuoco la città, costringendo l’esercito britannico a mandare truppe sull’isola e dando di fatto il via a una vera e propria guerra civile conosciuta con il nome di
Troubles, guerra che causò la morte di oltre 3’000 persone, in gran parte civili. Il muro di Shankill è lungo 4 km e alto, nella sua sezione più imponente, 14 metri... «Washington e Londra auspicano che entro il 2023 la maggior parte delle separazioni possa essere abbattuta, ma è pura illusione. Né Stati Uniti, né Gran Bretagna potranno decidere sul futuro dei muri, l’ultima parola spetta alle due comunità, le quali devono raggiungere un accordo di convivenza prima di pensare ad abbattere ciò che oggi materialmente
le separa. Una recente inchiesta demoscopica condotta dall’università di Belfast ha rivelato che il 69% della popolazione è favorevole al mantenimento dei muri. Non, come nel caso dei “murales” inneggianti ai vari gruppi armati e ai martiri dei Troubles, perché parte della storia delle due comunità, ma per un semplice motivo di sicurezza. Quando il muro di Shankill fu costruito le autorità avevano garantito che non sarebbe stato un secondo muro di Berlino, non sarebbe durato più di un anno. E invece, ancora nel 2017 la popolazione lo percepisce come una garanzia di sicurezza». Proprio come i cancelli che alle 18 di ogni giorno (e durante i weekend) continuano a chiudere le loro porte, isolando di fatto i quartieri cattolici da quelli protestanti. Gli accordi del Venerdì Santo hanno lasciato un’indelebile traccia di normalizzazione che anno dopo anno contribuisce ad annacquare le tensioni. Ma nella città dei muri la diffidenza continua ad essere una brutta bestia e alimenta un fuoco che arde sotto la cenere...