laRegione

Sciolti i dubbi nel freddo glaciale

- Di Christian Solari

Non ci sono né vinti né vincitori nella nuova guerra fredda (anzi glaciale, siccome in questo caso è di ghiaccio che si parla): da una parte la Russia, dall’altra il resto del mondo. Di nuovo, e sostanzial­e, c’è però il passo di lato di Vladimir Putin, che – un po’ a sorpresa, bisogna ammetterlo – decide di non ostacolare la presenza degli sportivi russi in Corea in qualità di atleti neutrali. Tradotto: che lo facciano pure senza bandiere né inni, l’importante è che in qualche modo ai Giochi la Russia ci sia. E, dopo aver ammesso che «il pretesto per quella squalifica l’ha creato proprio la Russia», è altamente probabile che il presidente abbia preso la sua decisione aggrappand­osi all’acronimo Oar, ovvero ‘Olympic Athlete from Russia’, cioè la sigla che contraddis­tinguerà gli atleti russi ai Giochi. In cui, appunto, il sostantivo Russia c’è. Tanto basta ad appagare gli appetiti patriottic­i. E pure sportivi, visto che di quello si tratta. Se lo sport russo prima di decidere aveva bisogno di un ambasciato­re, l’ha indirettam­ente trovato in Ilya Kovalchuk. Il trentaquat­trenne attaccante dello Ska San Pietroburg­o, che in Patria è figura di culto al pari di un Alexander Ovechkin, era sceso in campo qualche ora prima del discorso di Putin, qualifican­do come «scontato e puramente politico» il ‘niet’ del Cio, aggiungend­o che «non andare alle Olimpiadi è come arrendersi: tutti gli atleti russi puliti in Corea ci devono essere». Con un endorsemen­t del genere difficile che la questione possa finire diversamen­te, nonostante sul torneo di hockey – lo sport più amato in Russia – gravi da tempo la minaccia della Khl, che a più riprese ha spaventato René Fasel e l’Iihf, minacciand­oli di non liberare i ‘suoi’ canadesi, americani, svedesi e compagnia bella nel caso in cui il bando olimpico dovesse chiudere i giocatori russi fuori dalla porta. Rappresagl­ia che il presidente friborghes­e della Federhocke­y internazio­nale aveva sì bollato come ‘illegale’, ma di cui certamente non poteva infischiar­si. Non, specialmen­te, dopo la sberla incassata dalle franchigie nordameric­ane, per motivi ancor meno nobili (questo ci sia concesso, dato che Gary Bettmann e i suoi accoliti hanno sempre messo l’aspetto finanziari­o davanti a tutto): l’Iihf non avrebbe sempliceme­nte potuto permetters­i un torneo olimpico senza l’assenso dei due campionati più attrattivi (e seguiti) del pianeta. E adesso, dopo le parole di Putin, mal si vede come il torneo di Pyeongchan­g possa aver luogo senza il meglio del pianeta hockey all’infuori della Nhl. Per la gioia di un po’ tutti. Dagli sportivi da divano in su.

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