Arno Rossini: ‘Si poteva evitare’
L’ex tecnico delle bianche casacche (dal 2005 al 2008) ha lavorato al Lido con Michele Nicora, all’epoca allenatore dei portieri: ‘Il fallimento fa molto male a tutti gli appassionati’.
Arno Rossini conosce bene l’Fc Locarno, visto che per tre stagioni tra il 2005 e il 2008 ha diretto le bianche casacche nel campionato di Challenge League. E nonostante allora il presidente fosse Stefano Gilardi, conosce bene anche l’attuale numero uno del club verbanese, Michele Nicora, all’epoca suo... collaboratore. «Michele era il mio allenatore dei portieri quando allenavo il Locarno ed era stato determinante per la salvezza del club – afferma l’ex giocatore del Bellinzona, che in carriera ha allenato anche il Sion e lo stesso Acb –. Oltre al lavoro specifico con gli estremi difensori, mi ha fatto sempre sentire la sua presenza e di questo non posso che ringraziarlo. Inoltre si vedeva già allora che ci teneva moltissimo, aveva un grande attaccamento alla società e per questo mi levo il cappello, lo stimo molto. È davvero un peccato che ora si trovi in questa situazione, anche perché oltre a lui ci va di mezzo la gloriosa storia del Locarno e tutto il movimento della regione, perché l’Fcl è un punto di riferimento per il Locarnese». Un contesto particolare, quello trovato da Rossini sulle sponde del Lago Maggiore... «È una situazione che credo faccia male a tutti gli appassionati di calcio ticinesi, ma ancora di più a chi, come me, ha conosciuto la realtà locarnese. Un contesto piccolo ma anche per questo familiare, con i tifosi (la Cirrosi, il Pardo) molto vicini alla società, nella quale lavora gente della regione e sostenuta, anche finanziariamente, dalle piccole entità locarnesi. La notizia del fallimento non è certo arrivata come un fulmine a ciel sereno, si sapeva delle difficoltà del club, però ci sono rimasto lo stesso molto male, soprattutto perché si sarebbe potuto evitare con una migliore gestione». Per il 60enne bellinzonese il problema non sono i mezzi limitati, oggi come in passato... «Alla fine sono le persone che gestiscono tutto e prendono le decisioni. Non conosco le dinamiche interne dell’attuale dirigenza, ma guardando dall’esterno l’impressione è che qualcosa in più si sarebbe potuto fare per evitare di arrivare a questo punto. Le difficoltà ci sono sempre state, anche quando allenavo io, tanto che dico sempre che lavorare un anno a Locarno è come farne tre da un’altra parte, in una situazione “normale”. Gli stipendi ogni tanto arrivavano con i tempi giusti, altre volte in ritardo. Ricordo poi ad esempio che spesso quando arrivavamo al campo, per determinati motivi chi doveva lavare le maglie non lo aveva fatto e bisognava arrangiarsi. Ma sono solo alcuni esempi per far capire la realtà particolare in cui ci si muoveva. Una situazione però in fondo conosciuta e accettata da tutti, compresi lo staff e i giocatori. E che in un certo senso contribuiva a creare quell’ambiente speciale a cui facevo riferimento prima, nel quale tutti si venivano incontro per il bene comune e che ci ha aiutato a ottenere per tre anni di fila la salvezza. Bisogna ammetterlo, era una sorta di navigare a vista, senza programmi precisi, ma alla fine in qualche modo siamo sempre riusciti a rimanere a galla».
Rossini: ‘Un anno al Lido valeva come tre in un posto normale. I problemi ci sono sempre stati’.
Modi che hanno però lasciato anche alcune ombre, legate in particolare al passaggio da Locarno (o meglio dai registri dell’Fcl) di giocatori che in realtà al Lido non ci arrivavano mai. Nel 2006 ad esempio era stato nientemeno che Gonzalo Higuain, o meglio il suo cartellino, a essere “posteggiato” a Locarno in attesa di passare dal River Plate al Real Madrid... «Se c’era una cosa che funzionava, era la separazione tra l’aspetto sportivo e quello societario. Fortunatamente io e i miei collaboratori abbiamo sempre potuto concentrarci sul lavoro da svolgere sul campo, senza addentrarci in aspetti che in fondo non conoscevamo. Se mi mettevano a disposizione un giocatore, a me interessava che fosse bravo, non da dove o in che modo era arrivato a Locarno. Certo, leggevamo dai giornali di trasferimenti importanti senza poi veder arrivare nessuno, ma noi dovevamo pensare solo al campo e a fare il nostro dovere, altrimenti non saremmo mai riusciti a salvarci».