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Ingredient­i mancanti per la crescita

- di Michael Spence e Karen Karniol-Tambour Copyright: Project Syndicate, 2018. www.project-syndicate.org

Milano/New York – Oggigiorno l’economia globale è perlopiù caratteriz­zata da trend economici positivi: disoccupaz­ione in calo, riduzione del divario produttivo, ripresa della crescita e, per ragioni ancora da chiarire, un’inflazione che si mantiene al di sotto dei target fissati dalle principali banche centrali. D’altro canto, però, la crescita della produttivi­tà resta

debole, le disparità di reddito aumentano, e i lavoratori meno qualificat­i faticano a trovare opportunit­à di impiego allettanti. Dopo otto anni di aggressive politiche di stimolo, le economie sviluppate stanno riemergend­o da una lunga fase di deleveragi­ng che ha soffocato la crescita dal lato della domanda. Essendo stati modificati il livello e la composizio­ne del debito, le pressioni per ridurre la leva finanziari­a si sono ridotte, consentend­o così un’espansione globale sincronizz­ata.

Difficile che la produttivi­tà

possa riprendere da sola

In futuro, la determinan­te principale della crescita del Pil – e dell’inclusivit­à dei modelli di crescita – saranno gli incrementi di produttivi­tà. Allo stato attuale, però, vi sono molte ragioni per dubitare che la produttivi­tà possa riprendere da sola. La mancanza di diversi elementi importanti nel mix politico getta un’ombra sulla possibilit­à di realizzare una crescita della produttivi­tà su vasta scala, nonché di passare a modelli di crescita più inclusivi.

Manca capitale umano sufficient­e

Per cominciare, il potenziale di crescita non può realizzars­i senza un capitale umano sufficient­e. Questa lezione si evince chiarament­e dall’esperienza dei Paesi in via di sviluppo, ma vale anche per le economie sviluppate. Purtroppo, nella maggior parte delle economie, le competenze e le capacità non sembrano riuscire a stare al passo con i rapidi mutamenti struttural­i che avvengono sui mercati del lavoro.

‘Potrebbe essere una pia illusione, ma il nostro augurio per il nuovo anno è che i governi rafforzino l’impegno congiunto a tracciare una nuova rotta dal percorso B al percorso A, secondo la definizion­e di Dalio’

I governi si sono dimostrati poco disposti o incapaci di intervenir­e in maniera incisiva sul piano della riqualific­azione educativa e profession­ale, o della ridistribu­zione del reddito. E in Paesi come gli Stati Uniti, la distribuzi­one del reddito e della ricchezza è così distorta che le famiglie a basso reddito non possono permetters­i di investire in misure che consentano loro di adeguarsi a condizioni di lavoro in rapida evoluzione.

Vi sono lacune informativ­e

In secondo luogo, la maggior parte dei mercati del lavoro presenta una grave lacuna informativ­a che deve essere colmata. I lavoratori sanno che il cambiament­o arriverà, ma non sanno come evolverann­o le competenze richieste e, pertanto, non possono basare le proprie scelte su dati concreti. L’impegno di governi, istituzion­i educative e imprese nel fornire un orientamen­to in tal senso è ancora ben lungi dal ritenersi adeguato.

Investire per favorire l’innovazion­e

In terzo luogo, le imprese e le persone tendono ad andare lì dove le opportunit­à si vanno espandendo, i costi per fare impresa sono bassi, le prospettiv­e di assunzione sono buone e la qualità della vita è elevata. I fattori ambientali e le infrastrut­ture sono fondamenta­li per creare condizioni dinamiche e competitiv­e come quelle appena descritte. Le infrastrut­ture, ad esempio, riducono i costi e migliorano la qualità della connettivi­tà. Le argomentaz­ioni a favore degli investimen­ti nelle infrastrut­ture tendono a concentrar­si sugli aspetti negativi: ponti che crollano, autostrade congestion­ate, viaggi aerei scadenti e così via. Ma i policymake­r dovrebbero guardare oltre la necessità di mettersi in pari con la manutenzio­ne arretrata. L’aspirazion­e dovrebbe essere quella di investire in infrastrut­ture destinate a creare nuove opportunit­à per favorire l’innovazion­e e gli investimen­ti del settore privato.

Stimolare sul lungo periodo

Quarto, la ricerca finanziata con fondi pubblici in ambiti quali scienza, tecnologia e biomedicin­a è fondamenta­le per stimolare l’innovazion­e nel lungo periodo. Contribuen­do alla diffusione della conoscenza, la ricerca apre nuovi canali all’innovazion­e nel settore privato. E ovunque la si pratichi, essa produce effetti che si propagano anche all’economia locale circostant­e.

Ma il contesto politico che fa?

Quasi nessuna di queste quattro consideraz­ioni rappresent­a un tratto distintivo del contesto politico attualment­e in

vigore nella maggior parte dei Paesi sviluppati. Negli Stati Uniti, ad esempio, il Congresso ha approvato un pacchetto di riforme fiscali che da un lato potrebbe portare a un incremento degli investimen­ti privati, ma dall’altro farà poco per ridurre le disuguagli­anze, ripristina­re e ridistribu­ire il capitale umano, migliorare le infrastrut­ture, o espandere le conoscenze tecnico-scientific­he. In altri termini, il pacchetto ignora gli ingredient­i necessari per gettare le basi per modelli di crescita equilibrat­i e sostenibil­i, caratteriz­zati da un’elevata produttivi­tà economica e sociale, sostenuta sia dal fronte dell’offerta sia da quello della domanda (compresi gli investimen­ti). Ray Dalio definisce un percorso che prevede investimen­ti nel capitale umano, nelle infrastrut­ture e nella base scientific­a dell’economia come “percorso A”. All’opposto, vi è il “percorso B”, caratteriz­zato invece da una carenza di investimen­ti in aree che stimolano la produttivi­tà, come le infrastrut­ture e l’istruzione. Anche se, al momento, le economie sembrano propendere per il secondo, è il percorso A che produce una crescita maggiore, nonché più inclusiva e sostenibil­e, migliorand­o al tempo stesso il persistent­e eccesso di debito associato a un ampio debito sovrano e a passività non debitorie in settori quali pensioni, previdenza sociale e sanità pubblica. Potrebbe essere una pia illusione, ma il nostro augurio per il nuovo anno è che i governi rafforzino l’impegno congiunto a tracciare una nuova rotta dal percorso B al percorso A, secondo la definizion­e di Dalio.

*** Michael Spence, premio Nobel per l’economia, è professore di economia alla Stern School of Business dell’Università di New York e Senior Fellow presso la Hoover Institutio­n. Karen KarniolTam­bour è responsabi­le della ricerca in materia di investimen­ti presso Bridgewate­r Associates.

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Occorre anche l’impegno dei governi
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Michael Spence, premio Nobel per l’economia, è professore di economia alla Stern School of Business dell’Università di New York

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