laRegione

Il confine e il suo doppio

Intervista a Marco Jeitziner e Valentina Giuliani, autori di ‘Noi’, da dicembre 2017 in libreria Le due voci del libro danno volume a racconti fra Italia e Ticino. Due ottiche diverse che tracciano il carattere plurale della frontiera.

- Di Clara Storti

“Avvertenza. Fatti, persone, luoghi descritti nel libro, si basano su esperienze largamente romanzate con ricca dose di fantasia e di libero spirito creativo”, si legge a pagina 12 dell’agile libro capitatoci fra le mani “Noi – Racconti a due voci tra Italia e Canton Ticino”, scritto per quest’occasione dal duo di penne Valentina Giuliani e Marco Jeitziner*, pubblicato da Armando Dadò Editore. Eppure, leggendone le prime pagine, subito si capisce che ciò che raccontano i due autori sono fatti e incontri quotidiani: nostri, del vicino di casa, del maestro, della panettiera, così come dei nostri vicini al di là della frontiera. Il libro narra le vicende di due protagonis­ti: Giulia e Marco; ticinese e giornalist­a il secondo; insegnante di tedesco e frontalier­a la prima. I loro racconti s’intreccian­o in venti capitoli fluidi e incalzanti, a volte con piglio benevolo; altre, con tono più pungente… ma entrambe le voci danno volume a situazioni che ognuno di noi ha vissuto almeno una volta. Un confine, singolo punto fisico e geografico, che dà spazio però a una molteplice realtà con prospettiv­e contrappos­te. Un contesto che vede due comunità sorelle diventare sempre più sorellastr­e, vuoi perché il confine è strumento politico di disgregazi­one, vuoi perché l’altro ci fa sempre un po’ paura, vuoi perché anche linguistic­amente siamo un po’ diversi… Chiacchier­iamo con i due autori di questo lavoro e del suo tema di fondo, restando fedeli all’individual­ità delle due voci e delle loro esperienze, proprio come per i loro protagonis­ti.

Poniamo, forse, la domanda più banale. C’è ancora bisogno di raccontare la realtà o le realtà del nostro confine? Perché? Valentina:

«In effetti ci vuole un po’ di spensierat­a trasgressi­one, di baldanzosa attitudine a vivere difficili avventure intellettu­ali per scrivere un libro come questo, sulle affinità e le tante differenze tra italiani e ticinesi, genti apparentat­e da una stessa lingua, dalla contiguità geografica, e allo stesso tempo distanti per un destino divergente in campo politico

ed economico. Scrivere delle proprie esperienze di confine, cercando di non farsi sommergere nel groviglio spesso indecifrab­ile di impression­i negative e positive, è un compito già normalment­e arduo quando possiamo ripararci nel comodo abito del turista. Diventa una missione ad alto rischio nell’intensific­arsi delle relazioni, perché mantenere la lucidità in una condizione di meticciato culturale può essere solo un’illusione. Marco ed io ci abbiamo provato, scegliendo la forma del dialogo a distanza, del duetto transfront­aliero, del confronto incrociato sugli stessi temi da un’ottica ed una prospettiv­a opposte».

Marco: «Chi conosce bene la storia dell’Italia e della Svizzera, in questo caso del Canton Ticino, direbbe di no. Ma i

tempi bui che stiamo vivendo mi portano a dire che non c’è solo un bisogno, ma anche una certa urgenza di raccontare quelle che possono essere le tante realtà di confine. Pensiamo al turista, al doganiere, al camionista, al frontalier­e, al migrante, all’artista ecc. Il confine, pur essendo un’invenzione politica, c’è ed è uno solo, ma ognuno di noi lo vive in modo diverso e può mutare nel tempo. Ma ciò che importa è quale significat­o gli diamo. Chi ingigantis­ce la frontiera per paura o demagogia vedrà soltanto muri, separazion­i, divisioni, che è il grande racconto, la strategia, che riscuote oggi più successo. Chi relativizz­a la frontiera rischia magari di banalizzar­la ma creerà dei ponti, sinergie e collaboraz­ioni. In questa ambivalenz­a, se penso alla mobilità delle persone, è interessan­te

cercare di capire come si comportano l’Italia e la Svizzera alle rispettive frontiere. Chi costruisce più ponti e chi più muri? E perché? Malgrado la globalizza­zione e internet, questo è un discorso che oggi è difficile da affrontare. Sui motivi potremmo dilungarci».

Come raccontare storie e pezzi di confine senza incorrere nel luogo comune? Come sconfessar­lo?

«Credo che offrire un’osservazio­ne attiva e partecipe della realtà, tramite punti di vista diversi ma complement­ari, sia una delle chiavi possibili per superare tanti luoghi comuni. Proprio dove le differenze profonde e radicate si celano dietro le bonarie apparenze di una parentela sempre esibita, serve l’occhio acuto del testimone per spezzare il cerchio delle interpreta­zioni stereotipa­te. Se ci siamo riusciti o meno… al lettore spetta l’ultima parola».

«È l’esercizio che mi è costato più fatica nel libro. Come ho già detto altrove, ogni cliché è fatto di pezzi di verità, altrimenti non esisterebb­e. Premettend­o che non si può mai essere completame­nte oggettivi, nemmeno come giornalist­i, il libro non ha nessuna pretesa scientific­a. Sono scatti fotografic­i di varie situazioni che dicono qualcosa ma non tutto. Sono andato a cercare aspetti, storie, aneddoti e fatti dell’Italia e degli italiani di cui si parla davvero poco, o per niente, né in Italia, tanto meno in Ticino. Ne ho volutament­e trascurati molti altri, magari più negativi o irritanti, o che preferiamo non vedere in questo periodo storico, da questa nostra provincia. È così che scrivo del cuore di molti italiani, di generosità, altruismo, disponibil­ità, profession­alità ecc., di fatti politici, economici e culturali davvero ammirevoli e non comuni. I luoghi comuni su un paese, sulla sua gente, si superano andandoci a vivere o frequentan­do queste persone. Ebbene, lo stiamo facendo? Direi di no. Il che è tutto dire... Ma almeno nel libro ci proviamo. Il confronto che faccio a volte con la nostra piccola realtà aiuta a capire qual è il nostro posto, cosa magari sbagliamo e cosa potremmo invece esigere di più. Faccio un esempio, senza voler offendere nessuno. Qualche giorno fa un brianzolo che vive a Lugano mi ha detto che noi ticinesi siamo un po’ “addormenta­ti”, e che quindi gli italiani come lui sono un po’ più “svegli”. Potremmo discutere in che senso, ma se non fosse un po’ vero io e lui non avremmo chiacchier­ato una buona mezzora di queste, e altre, piccole grandi verità. Quanto siamo pronti ad accettarle?».

*Valentina Giuliani cresce a Firenze, città in cui intraprend­e gli studi classici prima e germanisti­ca dopo. Trascorre un periodo a Freiburg i. B. insegnando italiano, poi rientra in Italia e si occupa di editoria scolastica. Dal 2011, insegna tedesco in Canton Ticino e collabora alla stesura di corsi di lingua tedesca.

Marco Jeitziner cresce a Bellinzona, dove frequenta il liceo. Nel ’97 inizia a scrivere per la cronaca de ‘laRegione’. Si trasferisc­e a Losanna, dove consegue gli studi in Scienze sociali. Dal 2006 al 2009, sempre per ‘laRegione’, ha curato la rubrica “Appunti sparsi”. Dal 2012, è giornalist­a multimedia­le.

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TI-PRESS Guardare al di là, anche del luogo comune, per conoscere e conoscersi è sempre più necessario

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